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BUFERA MENS SANA: SU QUALE "PIANO" LA METTIAMO?

News inserita il 17-04-2014

Aspettando gli esiti dell'indagine "Time Out", il basket biancoverde rischia di dover ripartire dai campetti di provincia

Digitando su wikipedia la parola “piano”, si rintraccia la seguente definizione: “insieme di scelte e regole, solitamente organizzate nel tempo, per il conseguimento di un determinato obiettivo nel futuro”.

Nel giorno in cui la Guardia di Finanza ipotizza a carico della Mens Sana Basket, di chi l’ha amministrata fra il 2009 ed il 2013, i reati di bancarotta fraudolenta e false comunicazioni, iniziando a scoperchiare una pentola da tempo in ebollizione e dalla quale non si sa bene cosa potrà ancora uscire, la parola “piano” suona in maniera sinistra nelle orecchie di chi, per anni, l’ha sentita pronunciare con una tale autorevolezza da far credere che, davvero, il “piano” rappresentasse un’assicurazione sulla vita della Mens Sana Basket, oltre che sui sogni dei suoi tifosi.

Oggi che quel “piano”, solitamente triennale (mutuato forse dalla pjatiletka, il quinquennio che regolava le politiche economiche d’oltre cortina?), è naufragato e in viale Sclavo sono rimasti solo i cocci (oltre alla squadra ed ai dipendenti: che fine faranno questi ultimi?), oggi che ci si rende conto di come le imprese sportive siano risultate un oppio, inebriante ma pur sempre un oppio, che ha distratto un po’ tutti (ci iscriviamo alla lista) sulla dicotomia, tipicamente italiana, esistente fra managerialità ed etica, oggi che si attendono sviluppi e conclusioni dell’inchiesta “Time Out” per capire quali siano le responsabilità ed in che misura distribuirle fra gli autori del dissesto biancoverde, oggi che la sorte della Mens Sana Basket sembra chiara e manifesta (sfugge la tempistica, ma a meno di miracoli, improbabili, la Fip cancellerà il codice di affiliazione numero 00141 e scriverà la parola fine su 70 anni di storia), oggi deve essere anche il giorno della ricerca di un nuovo “piano” sul quale appoggiarsi per ripartire.

Si era parlato di un “piano A” (lasciando da parte la storielle sugli emiri e sulle multinazionali, il riferimento va all’operazione di spin-off prospettata mesi fa) ma con l’accelerazione alle indagini e con l’istanza di fallimento in arrivo, questo appare ormai non più percorribile. Si era bisbigliato di un “piano B” che coinvolgesse (in ordine alfabetico) Costone, Mens Sana e Virtus per preservarne intanto i settori giovanili (cosa buona e giusta) e magari creasse una base comune anche a livello senior (in quali percentuali, con quali uomini al timone e, soprattutto, con quali risorse disponibili non è dato sapere), ma oggettivamente un conto è farsi fotografare sorridenti sui giornali o postare un selfie su Facebook, altra cosa è farlo capire ed accettare alla base. Non solo quella mensanina, sia chiaro.

Il “piano C” è ripartire da zero, con una nuova società, quindi anche persone nuove, e col nome Mens Sana comunque bene in vista, per affrontare la dura gavetta dei campetti di provincia. Sì, perché i termini per avere accesso ad un eventuale ripescaggio in una serie maggiore della Promozione dovrebbero essere scaduti a marzo e, non avendo notizia di una costituita “Nuova Mens Sana” prima di quella data, a meno di benevoli interventi federali è bene togliersi dalla testa anche la tanto attesa rimpatriata con la Fortitudo Bologna (anzi, chiamiamola col suo nome attuale: Fortitudo Pallacanestro Bologna 103) in Divisione Nazionale B.

Dubbio amletico. Qualcuno, in questi mesi di “fiducia e ottimismo”, ha nel frattempo lavorato per mettere in piedi il “piano C”?  

Matteo Tasso

 

 

 

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