MENS SANA: LA SENTENZA CANCELLA I TITOLI MA NON I DUBBI

News inserita il 07-10-2016 - Mens sana Basket

La giustizia sportiva arriva prima di quella ordinaria e non lascia spazio alla difesa. Solo fra 10 giorni il Tribunale Fip motiverà il proprio verdetto.

Portati via, mai esistiti, in una parola revocati. Il tribunale della Fip toglie alla tifoseria della Mens Sana (perchè solo la tifoseria è rimasta, di quella Mens Sana) gli scudetti e le Coppe Italia degli anni 2012 e 2013 più una Supercoppa, sempre del 2013, intravedendo negli artifizi finanziari commessi dai suoi vecchi dirigenti (radiati Ferdinando Minucci, Olga Finetti e Paola Serpi, Anselmi e Lazzeroni inibiti per 3 anni, Menghetti per 9 mesi) un mezzo per alterare i risultati sportivi della squadra. Un colpo da k.o.

per l'umore della piazza, una stoccata (l'ennesima) all'immagine di una città che non ne sentiva certo il bisogno. La sentenza della Fip strappa dal libro di storia gli ultimi fuochi d’artificio biancoverdi del Simone Pianigiani enfant du pays, i miracoli senesi di Daniel Hackett, anche l’unico trofeo conquistato in carriera da #somethingdifferent Marco Crespi: emozionalmente è un’ecatombe di ricordi, che pure rimarranno indelebili (almeno quelli), quanto all’aspetto razionale è difficile individuare in che percentuale i reati fiscali commessi da Minucci e dal suo entourage abbiano portato alla frode sportiva. Ma questo è un capitolo da riaprire a sentenza depositata, fra dieci giorni.

Consecutio Non tornano, o quantomeno non sono logici i tempi di tutta questa vicenda. Una consecutio temporum più pertinente sarebbe stata quella di attendere la sentenza relativa all'indagine “Time Out”, che prima o poi approderà in aula per discutere una serie di contestazioni assai più gravi di una frode sportiva (nei giorni dell'arresto di Ferdinando Minucci, maggio 2014, le slides della Guardia di Finanza citavano anche la bancarotta fraudolenta) e che magari, avrebbe permesso di valutare quanto certe ipotesi di reato abbiano inficiato la lealtà sportiva dei risultati ottenuti dalla Mens Sana Basket: magari sarebbero dovuti trascorrere mesi, forse anni, ma intanto il quadro avrebbe assunto una chiarezza ed una completezza ben diverse, né sarebbe sfumata l'attenzione mediatica sulla vicenda. Ciò che invece rischia di succedere adesso, a percorso invertito, soprattutto in ambito nazionale. In ambito locale, chissà. Passate l'emozione e la rabbia del momento, giuste entrambe, per i titoli revocati, si spera sia altrettanto d'interesse collettivo venire a conoscenza di come erano amministrati i milioni di sponsorizzazione che la Mens Sana Basket riceveva in quegli anni.

In ritardo Poco lineari anche tutte le eccezioni sollevate in merito alla costituzione in giudizio di chi l'onore sportivo della Mens Sana Basket ha provato a difenderlo. Una difesa sicuramente tardiva nel merito, quella della Polisportiva, dato che il quadro che andava delineandosi da qualche mese poteva e doveva essere “intercettato” con tutt'altra reattività, ma chiara e apprezzabile nelle forme, viste le parole espresse in queste ultime ore, magari anche da rilanciare se ce ne sarà l'opportunità. Sì, perché su tutto pende la spada di damocle dell'ordinamento che regola il tribunale Fip: giusto o sbagliato che sia, può ricorrere in secondo o terzo grado solo chi era ammesso al dibattimento dal quale è scaturita la sentenza. Ai posteri, e soprattutto a chi si intende di Legge (anche quella sportiva), il compito di trovare un grimaldello per scardinare ciò che sta scritto sulle motivazioni (arriveranno non prima di 10 giorni): sull'onda emotiva può venire in mente a tutti un ricorso al Tar o una class action contro chi la Mens Sana Basket l'aveva ammessa a partecipare alle competizioni dal 2012 in poi, ma per imbarcarsi in avventure del genere bisogna prima avere un minimo di cognizione di causa.

Cancellati Pianigiani, dicevamo, ma anche Stonerook, il capitano, e poi Kaukenas, Lavrinovic, Thornton. I titoli del 2012 sono gli ultimi della loro lunga parabola senese: 4 a 1 in finale a Milano e uno schiaffo alle aspirazioni di Cantù nella Coppa Italia le risultanze di un’annata nella quale passano da Siena anche Andersen, McCalebb, Zisis e poi Rakocevic e Maciulis. L'Eurolega in compenso rimane ancora una volta un tabù. Probabilmente, se è passata la tesi che tutti i reati fiscali hanno mirato a potenziare quella ed altre squadre biancoverdi (e magari andrà a finire che tutto questo è stato fatto per tenere buona una piazza smaniosa di arrivare sempre prima), c'è oggi la necessità di rivedere certi sensazionalismi del passato nel giudicare costruzioni e gestioni di squadra: altrimenti non si parte per la campagna d'Europa prendendo sotto canestro Akindele, né al momento di giocare la semifinale a Barcellona si manda Michelori in tribuna. Ma questa è un'altra storia, di un anno non toccato da indagini né revoche, almeno per il momento. Tutt’altra squadra nel 2012/13. La allena Luca Banchi e rimane nelle retrovie per buona parte del campionato. Difficile attendersi un “rullo compressore” con Brown, Kangur, Sanikidze, Janning, Ortner, Eze e se le porte del mercato sono girevoli (ricordate Rasic, Kemp, Kasun e Christmas?), eppure l’impossibile diventa realtà. Hackett, Ress e Moss fanno i fenomeni d’inverno in Coppa Italia e si risvegliano, assieme agli altri, in primavera trionfando in un playoff senza il fattore campo: capitan Carraretto alza la coppa a Roma, dopo aver già festeggiato sui campi di Milano e Varese. Il 2013/14 è l’anno del fallimento, l’ultimo della Mens Sana Basket. Si è detto, e scritto, già tutto sulle gesta di un gruppo certo non di campionissimi (Ress, Janning, Haynes, Hunter, Carter, Viggiano, Nelson) che vanno incontro, consapevolmente, ad una fine già dichiarata. Di loro rimane l’epopea, sfiorando prima la Coppa Italia e poi lo scudetto. L’unica vittoria, la Supercoppa, gliel’ha portata via, postuma, il tribunale federale. Senza riflettere sul perché gli organi di controllo, federali, quella società che violava le regole, l'avessero puntualmente ammessa, nel 2011, 2012 e 2013, ai nastri di partenza.

Matteo Tasso 

 

 

 

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