Il cambio di allenatore da Griccioli a Mecacci riporta alla mente l'esonero di Ezio Cardaioli e la "promozione" di Giorgio Brenci.
Da un senese all’altro, dopo 40 anni esatti. L’esonero di Giulio Griccioli ed il subentro sulla panchina biancoverde di Matteo Mecacci, fino a lunedì pomeriggio suo assistente, riportano alla mente la vicenda del dicembre 1977 ed il cambio in corsa che la Mens Sana effettuò, comunicando l’interruzione del rapporto a Ezio Cardaioli nel giorno di Santo Stefano per rimpiazzarlo col suo vice storico, Giorgio Brenci.
Decisione, quella, che fece scalpore (l’allora Sapori era seconda in classifica) e segnò un’epoca, avvenuta dopo un ventennio di ininterrotta gestione-Cardaioli. A determinarla, si è detto negli anni, i difficili rapporti tra il prof.
L’anno dopo il benservito toccò al povero Lajos Toth, famoso per far allenare i giocatori in orari impossibili e per voler far portare palla a Bantom e Hardy, 2e06 il primo, 2e04 il secondo, molto meno per risultati ottenuti in campo: la Mens Sana era penultima e il coach ungherese venne silurato, gli subentrò Carlo Rinaldi (prima però c’è l’ennesimo interregno, brevissimo, di Taglialatela), che ottenne la salvezza ma subì stessa sorte a metà del campionato successivo, quello della retrocessione in serie B dopo la non esaltante parentesi di affidamento della squadra, certo tutt’altro che trascendentale, a Bruno Arrigoni. Nelle paludi della cadetteria si consumerà, siamo nel 1988, l’ennesimo strappo fra la panchina di viale Sclavo ed Ezio Cardaioli, tornato a guidare la Mens Sana un paio di anni prima con la speranza di ripercorrere il cammino degli anni ruggenti. Aveva una squadra forte, il “Carda” (c’erano Lasi, Pastori, Battisti, Visigalli, Giroldi, in pratica l’ossatura del team che l’anno dopo sarebbe salito in A2 con Dado Lombardi), ma un avvio stentato, anche sfortunato, gli fu fatale dopo sette giornate: corsi e ricorsi storici, perché tornò Giorgio Brenci, ma stavolta senza mettere le mani sulla promozione, solo sfiorata nello spareggio col Sassari.
Da quel momento Siena diviene un’isola felice per gli allenatori, vuoi per una precisa scelta societaria, vuoi (ma solo molti anni dopo) per l’ingresso di capitali che rendono assai meno complicato l’allestimento di squadre molto competitive, anzi vincenti. Unica eccezione, l’esonero di Luca Dalmonte a fine dicembre del 1998. Era stato pescato nello staff della Fortitudo Bologna per un’impresa impossibile, mettere insieme una serie di giocatori senza grande talento, piovuti a Siena da ogni parte del globo (su quella giostra, che non si fermava mai, salirono fra gli altri il danese Larsen, l’australiano Owes, il russo Misunov e poi tutta una serie di Usa passaportati: Turner, turco, Bryant, austriaco, Wright, spagnolo, anche Chris Corchiani, naturalizzato italiano) e mai divenuti realmente competitivi: Dalmonte fece le valigie dopo una bella vittoria contro Roma, al suo posto l’effervescente Dodo Rusconi (ma anche Amaya, Oliver, Dell’Agnello e Moretti…) che quasi eliminò il Barcellona dalla Korac e, soprattutto, evitò abbastanza in scioltezza la retrocessione in A2.
Matteo Tasso