OK MUSICA: PORTHOS, L'AMORE PER LA PAROLA DEL CANTAUTORE SENESE

News inserita il 14-09-2018 - Ok Siena - Rubrica OK musica

“Ognuno di noi ha una chiave che si scopre tramite tanta ricerca interiore”

Ok Siena, nella rubrica Ok Musica, dedica spazio agli artisti del nostro territorio.

Porthos è Giuseppe Pugliese, un giovane cantautore senese. Nelle sue canzoni confluiscono un’estetica vintage, la passione per il jazz e il blues e la scrupolosa attenzione al valore della parola. Nel 2017 ha pubblicato il suo brano d’esordio “Io sono qui” e al momento sta perfezionando gli studi musicali presso il Saint Louis College of Music di Roma, determinato a realizzare il suo sogno; quello di esprimere se stesso mediante i suoni.

Il tuo nome d’arte è Porthos; perché?

Porthos è il soprannome che mi ha assegnato la mia contrada, la Civetta, che considero la mia seconda famiglia. Quando ho cominciato a fare il cantautore ho deciso di tenerlo come nome d’arte; dopotutto mi rispecchia perché richiama uno stile un po’ rétro e rievoca il personaggio di Porthos dei Tre Moschettieri, la cui personalità sento vicino alla mia.

Quali argomenti affronti nei tuoi testi?

Dipende dalla canzone, non mi piace essere monotematico. “Fermo”, il mio primo brano, tratta dell’interiorità e dell’importanza di “fermarsi”. Recentemente ne ho scritto un altro intitolato “Carpe Diem”, in cui prendo in giro un incontro tra due ragazzi e ironizzo sul tema del “cogliere l’attimo”. “Il sistema morirà” affronta un altro argomento ancora...

Come ti sei avvicinato alla musica?

Da piccolo, essendo cattolico, cantavo e suonavo nei cori delle chiese. C’è stato un periodo in cui facevo parte di sei cori, tra cui quello del Duomo di Siena, con tanto di tour a Cracovia e in giro nella varie città. Nonostante successivamente mi sia distaccato completamente dalla religione, in me è rimasto il fascino per la polifonia e l’arrangiamento vocale, che si è in seguito trasformato in una passione anche per quello di tipo strumentale, tanto che mi piace tentare di arrangiare da solo i miei brani. Un’altra esperienza che mi ha segnato è stato l’incontro con il vocal coach Stefano Magnanensi; nel corso di una sua masterclass mi disse che avevo delle grandissime potenzialità incoraggiandomi a prendere lezioni di canto. E così, seguendo il suo suggerimento, mi iscrissi ad una scuola di musica.

                                                          Foto di Ivan Paoletti

Quali sono le tue icone musicali e gli ascolti che hanno maggiormente influenzato la tua musica?

Durante l’adolescenza ho ascoltato Guccini, De André e poco più. Ero molto affascinato dal cantautorato italiano, da questi grandi poeti e dal loro modo criptico di giocare con la parola. Mi piacciono i testi impegnati per la cui comprensione è necessario un ascolto attento e ripetuto, non quelli il cui significato è già palese al primo. Inoltre apprezzo la musica di Max Gazzè, Caparezza, Vinicio Capossela, Mannarino, Paolo Conte, Simone Cristicchi e Zucchero. Oltre a loro ascolto molta musica strumentale, perché mi ispira le parole. Quando compongo cerco di creare un “clima”; una serie di note con un determinato suono che mi suggeriscono il testo da scrivere. A determinare l’originalità del brano è il fattore umano; ognuno di noi ha una chiave che si scopre tramite tanta ricerca interiore. Il compito nient’affatto semplice dell’artista sta nel catturare quel particolare che lo rende unico ed esporlo.

Quali sono gli aspetti positivi e negativi di essere un artista indipendente?

L’aspetto positivo è sicuramente la libertà artistica di dire quello che si vuole come si vuole. L’aspetto negativo è la mancanza di disponibilità economica per usare gli strumenti che ti permettono di esprimerti; le registrazioni e la produzione dei video hanno un costo. Sono pienamente convinto di voler dire delle cose; per dirle avrò bisogno di mezzi, ma troverò il modo perché questa è la mia missione in vita, è quello che voglio fare. Avrei potuto scegliere di scrivere canzoni come piacciono agli altri e guadagnare, ma non ci riesco. Per me la musica non è merce e voglio scrivere solo cose che mi appartengono.

Per costruire l’immaginario visivo di Porthos a cosa ti ispiri? Fai spesso riferimento ad uno stile, lo “steampunk”.

Lo steampunk è uno stile che in maniera inconscia mi ha sempre affascinato. È nato nell’Ottocento a Londra, è vittoriano e senza tempo e mi piace adottarlo senza temere di sembrare eccessivo. Oggi è di moda essere essenziale nell’abbigliamento, io sono di opinione contraria. Con questo non intendo dire che essere un artista significa vestirsi necessariamente in maniera inusuale; l’importante è essere se stessi e vado sul palco in questo modo perché mi sento bene in questi panni. Dello steampunk inoltre mi piacciono l’immagine degli ingranaggi e l’intrecciarsi a doppio filo con la tematica del tempo, della cui relatività sono convinto. Infatti perché quando ci divertiamo sembra che passi più velocemente? Il tempo non è solo il giro della Terra attorno al Sole. Ho scritto una canzone che si chiama “ColOra”, che incoraggia, appunto, a colorare il presente e a valorizzare ciò che si ha davanti; a volte non ce ne rendiamo conto, ma ci perdiamo delle cose bellissime dell’adesso, perché non ne siamo contenti, perennemente in attesa che il futuro si realizzi.

Ho visto che hai fatto numerosi concorsi, sicuramente avrai incontrato personalità del mondo dello spettacolo. Cosa hai imparato da tali esperienze?

Ho conosciuto un sacco di belle persone. Ho avuto, ad esempio, l’opportunità di incontrare Amara. Lei mi ha insegnato a vedermi dentro, a ricercare una certa emozione e a tirarla fuori; mi ha fatto capire davvero cos’è la musica e quindi le devo tanto. Ho imparato che il trucco per arrivare al cuore delle persone è essere veri; il requisito essenziale è la credibilità. Ho conosciuto anche Simona Molinari; adoro la sua musica e quella di Raphael Gualazzi, in cui sono presenti anche le parti strumentali caratterizzate dal suono di quel pianoforte che riesce a comunicarti qualcosa.

                                                             Foto di Daniele Mari 

Ti piace inserire parti strumentali nella tua musica?

Si. Tre giorni fa mi è arrivato un trombone, sto imparando a suonarlo perché penso che come artista abbia bisogno di uno strumento che occupi la mia performance. Il trombone mi ha sempre affascinato, perciò una mattina mi sono svegliato e ho deciso di comprarlo.

Ti accompagna una band nei tuoi live?

Per ora ho fatto più concorsi, perciò ho usato più frequentemente le basi o al massimo mi accompagnavo con la chitarra. A Roma ho creato la “Porthos band” e a dicembre ho l’obiettivo di cominciare a fare con loro le serate.

Ad uno di questi concorsi hai conosciuto anche la cantante Cheryl Porter.

Si, è una persona molto alla mano. Mi ha insegnato cos’è il soul e non a caso questo genere si chiama in questo modo perché qualsiasi nota che Cheryl mi chiedeva di emettere partiva dal profondo dell’anima, non era niente di macchinoso. Lei eseguiva degli esercizi con la voce per me impossibili e ad una velocità incredibile. Dopo due minuti infatti ero già stanco. Mi ha fatto capire quanto è importante lo studio della tecnica per esprimersi al meglio; è necessario un allenamento costante e lei mi ha motivato tantissimo. Mi ha fatto un sacco di complimenti, mi ha quasi commosso, e mi ha fatto scoprire un sacco di cose riguardanti la mia voce; io ho sempre cantato in un registro medio-alto, invece ho capito di avere delle basse che devo valorizzare maggiormente. È stata una bellissima esperienza.

Cosa studi al Saint Louis College of Music di Roma?

Studio canto. Il mio corso si chiama canto-jazz con indirizzo pop e dunque studio blues, soul, RnB, pop, jazz, contaminazione jazz, jazz classico, armonia jazz, armonia pop, hear training, armonia applicata al pianoforte, quindi pianoforte complementare, musica d’insieme. Per ora questo al pre-accademico. Poi nel corso accademico ci sono lezioni sulle materie più disparate; dal marketing alla produzione. Al triennio penso che cambierò indirizzo e sceglierò quello “songwriting” adatto ai cantautori, in cui c’è la possibilità di scegliere uno strumento (io opterò per la voce) ed imparare ad arrangiare in maniera professionale i propri brani. Inoltre ti mettono a disposizione serate, orchestre ed è possibile anche distribuire la propria musica su iTunes. Poter studiare quello che voglio fare nella vita è il massimo.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Continuare a fare provini e a dare forma alle mie canzoni. Ad esempio tentare concorsi con premi in denaro che mi permettano di finanziare le mie produzioni. Inoltre ho intenzione di fare tante masterclass, ne farò una con Bungaro prossimamente; mi piace confrontare i vari metodi di scrittura.

Facebook: https://www.facebook.com/PorthosGiuseppePugliese/

Instagram: https://www.instagram.com/porthos_giuseppepugliese/

Francesca Raffagnino

 

 

 

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