STORIA DEL PALIO: PILLOLE OTTOCENTESCHE

News inserita il 16-10-2017 - Palio - Rubrica Storia del Palio

Polemiche, liti e contestazioni nelle prime carriere del XIX secolo.

Il XIX secolo si aprì con due carriere ricche di tensioni e polemiche. Il mattatore di quell’anno fu Francesco Sucini detto Polpettino, precedentemente noto solo per le sue illustri parentele (era infatti il figlio di Luigi, detto Nacche, 8 volte vincitore nel Campo) e per alcuni guai con la giustizia (più volte era stato processato per furto di stoffe o vestiari vari), cosa per altro frequente tra i fantini di allora, non certo conosciuti per essere degli stinchi di santo. In quel 1800 però, Polpettino passò alla storia conquistando ambedue i Palii, gli unici della sua breve carriera. Il Palio di luglio, corso il 3 a causa di un acquazzone abbattutosi durante il corteo storico, Polpettino lo vinse per i colori dell’Istrice, grazie anche all’aiuto del babbo Nacche che correva nella Torre.

La corsa fu emozionante e vide alternarsi in testa la Tartuca con Biggeri, l’Oca con il Gobbo Chiarini e la Selva con Caino che  cadde al secondo Casato. Passò così in testa la Torre, inseguita dall’Istrice che come cavallo aveva il morello del Ricci, considerato da tutti, ed anche dagli stessi istriciaioli, come si può leggere in alcuni documenti conservati nell’archivio della contrada di Camollia, una brenna. Quando la Torre sembrava ormai la vincitrice, Nacche (che per la verità poco fece per difendere la sua posizione) fu sorpassato dal figlio che vinse il suo primo Palio, scatenando così le proteste dei torraioli che pretendevano il drappellone che, solo dopo diversi minuti, fu consegnato ai legittimi vincitori.

Ad agosto, nel Palio corso grazie ad una sottoscrizione popolare il giorno 17 perché domenica, Polpettino fece il bis, stavolta per la Tartuca, montando il baio del Brecchi in una carriera combattuta, nella quale Lupa ed Oca provarono a contendere la vittoria al giovane Sucini. Non passarono certamente inosservate le schermaglie tra i fantini di Nicchio e Montone, rispettivamente Vecchia e Piaccina, definiti con grande eleganza da un cronista dell’epoca “due birbanti” che, rimasti fermi al canape, diedero vita ad uno scontro in pista a suon di pugni, schiaffi e graffi che perdurò anche durante i vari passaggi dei cavalli, per concludersi solo al termine del Palio, grazie all’intervento dei soldati che separarono i due contendenti traducendoli immediatamente in carcere. Come se non bastasse, anche il Palio alla lunga del 15 agosto diede vita a notevoli polemiche. Tra gli 11 partecipanti c’era anche la giumenta del fiorentino Giuseppe Montelatici, che i proprietari degli altri cavalli al via ritenevano di razza inglese e quindi da non ammettere alla corsa, in quanto il regolamento vietava la partecipazione di questi cavalli e di quelli di razza Berbera. I giudici della mossa, accompagnati da 3 periti, effettuarono un’ispezione sulla cavalla in questione, e non ritenendola di razza inglese la ammisero al Palio. Ma gli altri proprietari non si arresero ed il giorno della corsa fecero pervenire ai giudici un precetto del Tribunale del Vicario che imponeva loro di non consegnare il premio al Montelatici in caso di vittoria della sua cavalla. Ma questi non tennero conto di tale precetto, ritenendo il Tribunale del Vicario non competente in materia ma soprattutto perché i proprietari non sollevarono alcuna obiezione al momento del sorteggio dei posti di partenza. La cavalla del Montelatici corse quindi regolarmente il Palio alla lunga del 15 agosto 1800 ed essendo di qualità superiore agli altri, vinse agevolmente la corsa che si concluse senza ulteriori contestazioni.

Davide Donnini

Foto tratta da www.ilpalio.org

 

 

 

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