STORIA DEL PALIO: CRONACHE SETTECENTESCHE

News inserita il 06-11-2017 - Palio - Rubrica Storia del Palio

Pillole paliesche del XVIII secolo.

La ricorsa dell’agosto 1723, organizzata dalla Lupa, vincitrice a luglio, non venne disputata a causa dei disordini accaduti durante il palio alla lunga del 15 agosto dello stesso anno. I cavalli erano appena partiti dalla chiesa del Santuccio, quando un contadino si fece largo tra la folla per fermare e riprendere il cavallo di cui era proprietario. Egli fu però immediatamente catturato dai birri e da questi malmenato.

Tutto ciò provocò la violenta reazione della folla che si pose a difesa dello sventurato. La situazione ben presto degenerò ed un soldato per paura sparò sui presenti i quali reagirono assediando il Corpo di Guardia e cercando di incendiarlo. La calma tornò solo quando il comandante ordinò di puntare i cannoni verso gli insorti, ma per timore di ulteriori tumulti, il Palio alla tonda del giorno successivo fu annullato ed i 40 talleri di premio furono convertiti in doti matrimoniali a disposizione di 10 fanciulle delle contrade che avrebbero dovuto correre la carriera. Al di là di questo episodio, altre volte i Palii alla lunga diedero origine a contestazioni e controversie a causa della scorrettezza dei vari proprietari. Il 15 agosto 1798, tale Angelo Poggesi fece segnare tre cavalli alla corsa. Uno di essi fu ritenuto da altri proprietari essere di razza Berbera, ed il regolamento vietava la partecipazione a questo tipo di cavalli. I giudici della mossa assieme ad un perito effettuarono un’ispezione sul soggetto in questione e, ritenendolo berbero, lo esclusero dal Palio. Ma gli altri proprietari, dubitando ulteriormente sull’onestà del Poggesi, fecero notare ai giudici come un altro cavallo da lui presentato e descritto come morello balzano da tre, fosse in realtà un altro esemplare che era stato adeguatamente pitturato per farlo corrispondere alla descrizione fornita all’atto dell’iscrizione. Anche in questo caso il Poggesi fu smascherato e la mattina della corsa furono mandati dei soldati per impedire l’uscita dalla stalla del cavallo “truccato”.

Tornando alle carriere alla tonda, assai convulsa risultò quella dl 16 agosto 1784. Due cavalli tardarono a presentarsi alla mossa, restando nella spianata. Gli altri fantini nel frattempo forzarono la mossa; Begnamino del Bruco e Gigi Bestia della Civetta caddero, mentre Grillo dell’Aquila, ritenendo che la partenza fosse buona, scattò al galoppo e fu fermato solo dopo che aveva compiuto un giro. Il capitano aquilino protestò vivacemente contro la decisione di fermare la corsa, ma fu riportato alla calma dietro minaccia di arresto. “Cosa potevano le languide voci di due o tre ragionevoli persone contro le baionette di 50 mal comandati e banditi soldati?”, si chiedeva sconsolato un cronista dell’epoca. Al secondo tentativo la mossa fu data buona ed a tagliare per primo il traguardo fu il cavallo scosso della Torre, dal quale era precedentemente caduto Ciocio, seguito in seconda posizione dalla Giraffa. Dopo un po’ di incertezza i giudici assegnarono la vittoria alla Torre, provocando la reazione di giraffini. La Giraffa voleva ricorrere addirittura in giudizio in quanto riteneva che il cavallo della Torre all’ultimo San Martino stava per fermarsi e fu rimesso in pista a suon di nerbate da Ciocio che era precedentemente caduto e, secondo la tesi della contrada di Provenzano, il fantino a terra non poteva più toccare il cavallo. Ma le autorità consigliarono alla Giraffa di non proseguire la propria azione. Chi invece agì di fronte al giudice fu l’Aquila, chiedendo che non fosse pagato il premio in denaro alla Torre, ma anche in questa occasione l’istanza fu respinta e la Torre fu ritenuta la vincitrice legittima di quella carriera.

Davide Donnini

Foto tratta da www.ilpalio.org

 

 

 

 

 

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