STORIA DEL PALIO: IL 1846 DELL'OCA

News inserita il 24-08-2023 - Palio - Rubrica Storia del Palio

La beffa di luglio e la rivincita di agosto.

Gli anni che precedettero l’Unità d’Italia videro l’Oca giocare un ruolo fondamentale sia nello scacchiere paliesco ma anche nella vita sociale e politica della città. Sul Campo, la contrada conquistò ben 8 cenci nei primi 41 anni del secolo, divenuti 9 al termine di un 1846 sicuramente intenso. A luglio, l’Oca ebbe in sorte un cavallo, un morello appartenente a Giuseppe Senesi, già visto sul tufo per due carriere senza brillare più di tanto e come fantino fu scelto Massimiliano Garuglieri detto Storto vincitore, abbastanza a sorpresa del Palio di luglio del 1838 nel Bruco.

La carriera sembrava mettersi molto bene per l’Oca che alla Fonte aveva già preso un buon vantaggio e con le avversarie più pericolose impegnate a danneggiarsi vicendevolmente a suon di nerbate. Nel finale, però, Storto si trovò nella morsa di due ragazzini terribili, Sagrino, fantino della Civetta e Bicchierino dell’Istrice, entrambi già vittoriosi in età adolescenziale. La bagarre seguente premiò Sagrino, che proprio all’ultimo tuffo mise il muso del suo cavallo davanti agli altri. Inizialmente, almeno tra il popolo, ci fu molta incertezza sul vincitore, tant’è che numerosi ocaioli invasero la pista, salirono sul palco dei giudici, i quali avevano già decretato la Civetta vittoriosa, riuscendo ad impossessarsi del drappellone che fu portato via con tutti i festeggiamenti da parte dei contradaioli di Fontebranda, lasciando allibiti i civettini, impossibilitati a festeggiare senza il cencio. Dopo una notte di “trattative”, la dirigenza e le autorità convinsero gli ocaioli a restituire ai legittimi vincitori il Palio che presentava, vistosi, i segni dei tumulti del dopo corsa, e la scritta che riportava la data della carriera, posta nella parte bassa del cencio ed abbondantemente lacerata, dovette essere ridipinta in alto, sopra l’effige della Vergine di Provenzano. Smaltita la delusione per una vittoria che sembrava certa, l’Oca si ripresentò sul tufo ad agosto ancora con Stecco e con l’esordiente morello di Giovanni Battista Bernini. La carriera vide come protagoniste le accoppiate del Drago con il mitico Figlio di Bonino e della Pantera con il quasi debuttante Gobbo Fenzi, ultimo a cedere di fronte alla progressione del barbero di Fontebranda. Alla festa ocaiola parteciparono pure la famiglia granducale al gran completo, giunta a Siena all’ultimo momento e senza i festeggiamenti in pompa magna che accompagnavano le frequenti venute in città dei regnanti, ed il grande patriota Massimo D’Azeglio, successivamente divenuto protettore onorario, che in una lettera tutt’ora conservata negli archivi di contrada espresse le sue felicitazioni per il trionfo, esaltandolo e definendolo, prendendo spunto dai colori di Fontebranda che richiamavano il tricolore italiano, come un momento di libertà di fronte al giogo straniero.

Davide Donnini

Foto www.ilpalio.org

 

 

 

 

Galleria Fotografica

Web tv