Lo statunitense è quasi sempre decisivo nei successi biancoverdi, ma deve cambiare passo in cabina di regia. La prima tappa del 2016 biancoverde è Biella
Sul conto di Darryl Bryant,
per gli amici “Truck”, si è detto, sentito, scritto e letto un po’ di tutto in
questi primi tre mesi di stagione. Lasciando alle discussioni da bar, quelli
veri e quelli virtuali, considerazioni di elevato spessore filosofico del tipo “non
siamo di fronte ad un top player”, oppure lezioni di macroeconomia sul genere “è
un giocatore che produce per quanto costa”, si può ragionare sul suo processo
di avvicinamento ad un ruolo, quello di point-guard, che evidentemente non era
nelle sue corde al momento di firmare per la Mens Sana. Etichettato, infatti,
come combo-guard (una via di mezzo fra il playmaker e la guardia tiratrice),
Bryant nei due anni trascorsi ai margini di un basket credibile, prima in
Austria, poi in Repubblica Ceca, ha forse accantonato la capacità di dirigere
il gioco e leggere le difese avversarie messi in mostra ai tempi di West
Virginia, potendo vivere di rendita grazie alla discreta mano da fuori ed
all’impatto atletico prodotto in entrata a canestro: ciò che non a caso gli è
riuscito meglio nelle prime 14 uscite in canotta Mens Sana (in sei delle otto
partite nelle quali lo statunitense ha segnato 15 o più punti, i biancoverdi
hanno portato a casa la vittoria), pur a discapito del palato e delle coronarie
di chi negli anni si era abituato al palleggio ed agli assist di Stefanov o di Zisis,
ancor più ai numeri da giocoliere di McIntyre o di McCalebb.
Visto che siamo in
pieno clima di buoni propositi per l’anno nuovo, la speranza è che nel 2016 di
Darryl Bryant, per gli amici “Truck”, ci siano sempre più passi avanti verso la
cabina di regia come quelli intravisti domenica scorsa contro Ferentino.
Qualche altro airball nel tentativo di mandare a schiacciare i compagni gli si
può anche concedere, del resto “non siamo di fronte ad un top player” ed “è un
giocatore che produce per quanto costa”, ma se nel frattempo ammortizza le 2.6
palle perse a partita e prosegue a fare canestro con la continuità che pare
aver trovato partendo da sesto uomo, l’approdo a fine stagione in una
tranquilla zona di classifica è assicurato.
SORRISI E LACRIME A proposito di ranking. Dopo il
k.o. di Codogno mi è passato sott’occhio un titolo di giornale, chiedo venia ma
non ricordo se fosse cartaceo oppure on line, nel quale si parlava di
classifica preoccupante, anzi di classifica “che piange”. Non avendone letto un
altro nel quale, all’indomani della vittoria su Ferentino, la classifica della
Mens Sana è tornata (almeno) ad asciugarsi le lacrime, deduco (e concordo) sia molto
difficile riuscire a delimitare il perimetro entro il quale capitan Alex Ranuzzi
e compagni stanno muovendosi da inizio anno. Classifica corta, almeno fino ad
oggi, e oscillazioni pericolose per chiunque voglia addentrarsi in una sua
lettura: comanda il sud, mettendo cinque squadre nelle prime sette posizioni
(in vetta Scafati e Agrigento, che nel girone di ritorno dovranno salire a
Siena: a rischio il fattore-PalaEstra, del quale stiamo andando giustamente
orgogliosi), quanto alla Mens Sana il ruolino di sette vinte e sette perse è un
ottimo biglietto da visita, ben bilanciato fra occasioni sfumate (soprattutto
lontano da casa) e vittorie non pronosticabili acciuffate in extremis. Il
girone di andata si chiude domenica a Biella, campo amico per motivi di tifo (i
buoni rapporti in tribuna durano da quasi 15 anni, già nella finale di Coppa
Saporta a Lione era presente una rappresentanza piemontese a sostenere i senesi)
che si annuncia assai ostico sul piano cestistico visto il penultimo posto
della squadra allenata da Carrea. Quella, sì, una classifica che piange.
MA QUALI FESTE? Si gioca poco prima di Natale, si gioca fra Natale
e San Silvestro, si gioca subito dopo Capodanno, si gioca anche nel giorno
dell’Epifania. A differenza di altri sport, il basket non fa sconti e nessuno
può staccare la spina, perché oltre alle quattro partite messe in calendario
fra il 20 dicembre ed il 6 gennaio ci sono anche gli allenamenti e, quelli,
sono quotidiani, spesso e volentieri se ne fanno anche un paio in pochissime
ore. Va bene alla forma fisica, decisamente meno agli affetti (le ore trascorse
in famiglia non avrebbero fatto male ai tanti ragazzini che indossano la maglia
della Mens Sana), ma non è questo il punto, il nodo della questione è comprendere
a cosa serva un simile tour de force se non viene affiancato da una buona
strategia di marketing che sappia vendere il prodotto in un periodo nel quale
ci sarebbe spazio per fare promozione, dato che altri sport sono fermi. Non
dico di inseguire il “Christmas Day” che manda in campo gli assi della Nba ogni
25 dicembre, né di ricreare in salsa cestistica il “Boxing Day” che il calcio
inglese celebra il 26, ma almeno provare a creare un evento che irrompa, una
tantum, sui media e riesca ad attrarre verso la pallacanestro italiana anche
solo qualche ragazzino in più, sarebbe un tentativo da mettere in atto.
Altrimenti, se si dà per scontato che il prodotto basket non abbia più l’appeal
di qualche anno fa (il dubbio è forte, vedendo gli spettacoli talvolta
deprimenti proposti anche dalla massima serie), concediamo una settimana di
riposo a tutti quanti, giocatori, tecnici, staff e personale che ruota attorno
alle squadre. Un turno infrasettimanale a fine inverno, per recuperare la pausa,
lo si può sempre inserire in calendario, senza fare torti a nessuno.
Matteo Tasso
Foto Mens Sana 1871