Il Drago vampirizza il cencio di Emilio Giannelli. Lo splendido “scarabocchio” torna a casa e farà da copertina, ci scommetto, all'ennesimo numero unico della Contrada.
Ma questa carriera si presta a più di un commento.
Intanto devo chiedere scusa a Brio. Nel pezzo sul “borsino” avevo sospeso il titolo del Drago in quanto Andrea Mari non aveva mai, dicasi mai, provato il suo barbero Rocco Nice.
Andrea ha interpretato con intelligenza la mossa, dominandola. Ha capito che ci volevano tempi lunghi e che doveva mettere in campo la sua consumata esperienza. Ha parlato più volte con Elias Mannucci e quando Rombo de Sedini si è stancato di fare il posteggiatore dinanzi al verrocchino scivolando impietosamente verso lo steccato di Piazza, la rincorsa è entrata e lui, il Mari, ha potuto bruciare i rivali più pericolosi, Oca, Giraffa e e Leocorno, chiudendo una rapida traiettoria che non ha lasciato scampo a nessuno. E, questo lo dicoi io, salvando un Palio che stava prendendo una china pericolosissima.
Sì perchè non è possibile che le Contrade per curare i propri seppur legittimi interessi mettano a repentaglio la Festa. Sì io continuo a chiamarla una Festa.
Comprensibile che facciano di tutto, come hanno fatto Tartuca e Valdimontone, per contrastare le avversarie, ma al troppo ci deve essere un limite e soprattutto ci deve essere per tutti la consapevolezza di andare poi a mettere la testa nelle pene previste da una responsabilità oggettiva lampante. Non credo che ci sia nessuno fra i miei affezionati lettori così credulone dal pensare che Nappa e Gingillo abbiano agito di loro spontanea volontà. Se c'è qualcuno così ingenuo alzi la mano: lo chiamerò “Candido” e gli assegnerò “mea sponte” un immacolato giglio bianco come come premio. Non scherziamo, suvvia, i fantini sono e saranno sempre di più se non ci mettiamo una pezza il braccio armato di Contrade senza troppi scrupoli. Se poi dal palco dei Capitanti ci si sbraccia coram populum affinchè il fantino tenga la posizione sordo ad oltre 40 richiami del mossiere, sempre più uomo solo sul Verrocchio, il gioco si fa scoperto.
Ed ora attendo le critiche di parte, ma una riflessione si pone prima di affrontare un lungo inverno.
Lo stesso mossiere deve avere qualche argomento in più per far recedere fantini e Contrade da comportamenti lesivi della Festa e del Palio, ma ci deve essere soprattutto una griglia delle pene con la quale colpire chi mette in atto certi atteggiamenti. E non si esce – lo capite – dalla famigerata responsabilità oggettiva. Non nascondiamoci dietro un cerino spento.
Tornando alla corsa direi capolavoro di Brio al sesto successo e amaro in bocca per Tittia, sorpreso dalla fulminante discesa verso il centro della pista del Drago e amaro per Scompiglio che mettendo addosso alla veloce ma esile Solo Tue Due il suo peso se l'è persa dopo il secondo San Martino, ben più presto di quanto aveva retto con Turbine nella Chiocciola lo scorso agosto.
Terzo, dopo una rovinosa caduta a San Martino, provocata se non erro dall'arpione di Remistirio sullo zoccolo di Renalzos è arrivato scosso lo stesso Renalzos. Quello che io reputo insieme ai due “Rocchi”, ma quello del Leocorno da rivedere, i più forti pronti e belli della Piazza.
Onore alla Contrada di Camporegio. Un'altra Contrada senza l'assillo di rivali che mette a segno filotti di successi come accade a Selva e Giraffa.
Così va il Palio e forse va anche bene, basta però che Amministrazione Comunale e Contradaioli, insomma la città intera, non metta la testa sotto la sabbia e trovi le giuste contrarie affinchè Palio e Festa procedano più linearmente. Forse si scoprirà che è anche tutto più entusiasmante e divertente.
Roberto Morrocchi
Fotogallery ( Simone Gori )