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TORNANO A SAN GIMIGNANO DUE MANOSCRITTI ANTICHI

News inserita il 16-05-2013

 

Il sindaco Bassi: «Due frammenti che vanno ad aggiungersi al grande patrimonio librario della nostra città che testimonia il prestigio ed il ruolo geopolitico svolto nell’antichità»


 

 

Due preziosi manoscritti antichi  tornano a casa. Sabato scorso sono stati ufficialmente consegnati al sindaco di San Gimignano, Giacomo Bassi due frammenti di manoscritti un tempo appartenuti alla Biblioteca Comunale di San Gimignano. La consegna è avvenuta per mano del  Maresciallo Marco Del Sere del Nucleo di Tutela dei Beni culturali dei Carabinieri di Firenze, e noti agli studiosi. «Un ringraziamento particolare va al Nucleo di Tutela dei Beni culturali dei Carabinieri di Firenze – dichiara il sindaco di San Gimignano Giacomo Bassi - per questa importantissima riconsegna che oggi fa rientrare nella sua sede naturale, l’Archivio storico di San Gimignano, due straordinari manoscritti che vanno così ad aggiungersi al grande patrimonio librario della nostra città che testimonia il prestigio ed il ruolo geopolitico di rilievo svolto da San Gimignano nel Medioevo e nel Rinascimento. Ruolo che oggi siamo chiamati a far conoscere e valorizzare, onorando così il nostro essere Città del Patrimonio Mondiale dell’Umanità, tutelata dall’Unesco».
I manoscritti erano stati ritrovati dal proposto Ugo Nomi Venerosi-Pesciolini, primo bibliotecario di San Gimignano, nell’archivio della famiglia Useppi, donato alla Biblioteca comunale da Corradino Chigi nel 1880. Questi manoscritti, che mancavano da decenni dalla Biblioteca, forse prestati per studio a persona di fiducia, oggi ricompaiono, ben conservati, consegnati, in un primo momento presso il Settore Manoscritti della Biblioteca Nazionale di Firenze, in forma anonima, ma con l’esplicitata la volontà di riportarli nella sede di origine, appunto la Biblioteca Comunale di San Gimignano.

I manoscritti - Il primo è un manoscritto bambagino contenente i versi dal 100 del canto XIV al 60 del canto XXIV del Paradiso diDante Alighieri, consistente in 8 carte consecutive, di dimensioni 310x235 millimetri slegate, con scrittura su due colonne di 15 terzine ciascuna. Le feste centenarie del 1899 furono l’occasione per farlo conoscere in Italia e all’estero. Citato nel 1913 da Don Enrico Castaldi, secondo bibliotecario, successivamente da vari studiosi, fu minutamente descritto, per la prima volta, da Antonio Fiammazzo nell’articolo “Di un frammentario toscano” della Divina Commedia del 1890, poi pubblicato in “MISCELL.ST. DELLA VALD” (anno III, pp. 214-216); copiato e pubblicato da G.Franciosi in “Di alcune lezioni del frammentario Useppiano” (Giornale dantesco, anno I, quad. X, pp.456-59, Venezia, Visentini, 1893), opera recensita da Orazio Bacci nel 1893 nella Miscellanea storica della Valdelsa. Poi il silenzio fino agli anni ’60 del novecento, quando Sebastiano Aglianò lo richiama in “L’ALIGHIERI. RASSEGNA BIBLIOGRAFICA DANTESCA” (anno VIII, n.2, lug.-sett.1967), ma senza poterlo vedere.

Il secondo manoscritto riporta le ottave 77-92 e 155-162 del Ninfale fiesolano di Giovanni Boccaccio.E’ composto da 3 carte scritte r/v, misura mm.300x210, presenta una scrittura umanistica, in una sola colonna. Il bibliotecario Don Enrico Castaldi lo descrive, e ne pubblica le ottave 78-92, nell’opuscolo Nel VI centenario della nascita di G.Boccaccio, stampato a Poggibonsi nella tipografia Coltellini nel 1913, censurando i versi 1-3 dell’ottava 90 che descrivono lo stupro della ninfa.

Nei prossimi mesi le carte di entrambi i manoscritti saranno oggetto di uno studio approfondito da parte di esperti del settore, anche perché presentano una filigrana che permetterà di datarli con buona approssimazione e renderà possibile trovare, con l’ausilio dell’informatizzazione, la collocazione di altri frammenti manoscritti facenti parte della copia originaria.

 

 

 

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