UNA FINESTRA SU SIENA: IL TERREMOTO DEL 1798

News inserita il 31-10-2016 - Attualità Siena - Rubrica Una finestra su Siena

Il 26 maggio di quell’anno, una violenta scossa fece tremare la città. Fu il sisma più grave della storia senese.

E’ possibile che anche a Siena possano verificarsi terremoti catastrofici, di quelli che lasciano cumuli di macerie e decine di vittime? O invece sono drammi che accadono soltanto “ad altri”? Quanto, in sintesi, può ritenersi sicura la nostra città di fronte all’eventualità di un fenomeno sismico importante?

Sono domande inevitabili, che sicuramente moltissimi senesi si saranno posti in questi giorni, soprattutto dopo le scosse che nelle ultime settimane non sembrano dare respiro a tutto il centro Italia, ed in particolare alle regioni dell’Umbria e delle Marche.

Come ci ricordano continuamente gli esperti, tutto il territorio italiano è zona ad elevato rischio sismico, e pertanto non esistono regioni ed aree che possano ritenersi sicure al 100% dall’eventualità di un terremoto più o meno rilevante. E non sono solo gli ultimi accadimenti a ricordarcelo, ma è anche la storia stessa dei terremoti a sottolinearlo; sismi che nel corso dei secoli non hanno mancato di colpire, con varia forza, un po’ tutte le zone italiane. Siena compresa.

Nonostante sia adagiata su uno strato di tufo in grado di ammortizzarne gli urti e di conseguenza gli eventuali danni a cose e persone, anche Siena ha dovuto fare i conti, nel suo passato, con terremoti di varia potenza, le cui conseguenze in alcuni casi sono stati anche di una certa intensità e drammaticità. Come nel caso del terremoto del 1798, l’ultimo in ordine di tempo, ma il primo quanto a gravità.

Era il 26 maggio, vigilia di Pentecoste, quando alle ore 13.10, una violenta scossa fece tremare la città. Furono soltanto una manciata di secondi, circa 5 raccontano le cronache, ma sufficienti comunque a segnare profondamente l’animo dei senesi e le architetture di chiese e palazzi. Ecco come descrive gli istanti di quel terremoto l’abate camaldolese Ambrogio Soldani, testimone diretto e autore di un’importantissima e minuziosa relazione su quel drammatico evento sismico.

Passeggiando io pertanto dopo pranzo con altri nella mia sala alle ore una e minuti 10 sentii una sì istantanea e fragorosa concussione, che parvemi fosse per rovinare sulla mia testa tutta la fabbrica: (...) osservai il tremore della parete del chiostro medesimo, che di per se gettava frequenti scagliette d’intonaco e bianco, che la rivestono. Fu udito nel tempo stesso un campanello con molla, che attaccato alla contigua parete suonava a distesa per il moto della medesima comunicatoli (...). La durata di tutto questo, per quanto paresse lunga, non fu che di cinque minuti secondi, ma di tal violenza che produsse disastri notabili in questa Città, ed in altri luoghi circonvicini”.

Secondo le conoscenze attuali, l’intensità di quel sisma fu di circa 7 gradi della Scala Mercalli, equivalente a poco più di 4 della Scala Richter. Un valore certamente non catastrofico, ma comunque in grado di provocare quattro vittime, decine di feriti e numerose famiglie sfollate, (per lo più di povera gente accolte in “tendopoli” provvisorie poste in idonee aree come alla Lizza e nei prati di S.Agostino e S.Francesco), e notevoli danni alle abitazioni private (in particolare a quelle presenti lungo i ripidi pendii dei rioni di Ovile e Fontebranda), nonchè ad importanti edifici monumentali civili e religiosi, con lesioni più o meno profonde, crolli, e dissesti.

Tra quelli religiosi vale la pena ricordare i danni subiti dalla Basilica di San Domenico, con le capriate del tetto pericolanti ed il campanile, profondamente danneggiato, che dovette essere abbassato di due piani; o la Chiesa di San Cristoforo, così profondamente lesionata da dover essere demolita e ricostruita di sana pianta. Anche il Duomo subì notevoli danni, tanto che per ben tre anni rimase in parte inagibile.

Fra gli edifici civili subirono lesioni considerevoli, tra gli altri, Palazzo Tolomei, Rocca Salimbeni e il vicino Palazzo Tantucci, e anche il Palazzo Pubblico, del quale in particolare, furono gravemente danneggiate le carceri e il teatro ivi presenti.

Miracolosamente ne uscì invece indenne la Torre del Mangia, benchè oscillasse “specialmente verso la cima e pareva loro che dovesse spezzarsi e cadere a terra (...) in tutte le sue parti", come raccontò il già citato abate Ambrogio Soldani.

Insomma, un po’ tutta la città fu gravemente colpita, e non solo questa poi, visto che anche i casolari posti nelle vicine campagne e gli altri centri abitativi del territorio, in particolare nelle zone di Castelnuovo Berardenga, Sestano ed Arceno, subirono dei danni, anche se limitati per lo più alla caduta dei soli comignoli.

Così forte quindi fu lo sconcerto e l’impatto emotivo a seguito del sisma, che fu deciso di sospendere anche il Palio di Provenzano, perchè così ancora troppo vivo, negli occhi e nei cuori dei senesi, il dolore derivante da quegli eventi tragici: “Col tremito alle mani, colle lacrime agli occhi, e col palpito, e gemito di cuore vengo io Pietro Nenci aiuto cancelliere di questa Comunità Civica vergo la carta col presente mio carattere per registrare a memoria dei posteri che in questo giorno non si eseguì la solita corsa di Palio nella Piazza Grande. La ragione di ciò si fu la terribile scossa di terremoto accaduta in questa città il 26 di maggio di quest'anno alle ore una, e minuti dieci pomeridiane. Tale fu il patimento delle fabbriche, e tale lo spavento, e lutto resosi padrone dell'animo di ogni ceto di persone, che il Governo non credè a proposito di permettere la consueta corsa di Palio con decidendosi differirla a tempo più confacente, e più lontano dalla seguita funestissima disgrazia, e forse al 16 agosto futuro".

E chiudiamo con un fatto curioso legato proprio a quell’evento sismico.

Fra i testimoni di quel terremoto vi fu anche Papa Pio VI, che dal febbraio di quell’anno si era stabilito a Siena, nel convento di S.Agostino, dopo che era stato fatto prigioniero ed “esiliato” da Roma a seguito dell’occupazione francese.

Fu proprio a causa di quel sisma che Siena perse anche quell’ospite illustre, il quale dovette infatti trasferirsi pochi giorni dopo alla vicina Certosa di Firenze.

Andrea Verdiani

 

 

 

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