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I TROFEI DELLA MENS SANA? LI HANNO (S)VENDUTI ON LINE

News inserita il 04-06-2015

Disperse in un paio di ore le testimonianze dei trionfi biancoverdi. Per la tifoseria è l'ennesimo colpo basso patito negli ultimi mesi.

La storia è ciclica, diceva Vico (è il Vico della teoria dei “corsi e ricorsi”, non quello dei canestri segnati sulla sirena contro Cecina), la storia si ripete, la storia amareggia. Un anno dopo aver visto distrutto il club più titolato nell'era moderna del basket italiano e dilapidato un patrimonio di decine di milioni di euro (a proposito, repetita iuvant, qualcuno prima o poi pagherà?), finiscono in frantumi pure i simboli che ne hanno accompagnato le vittorie sul campo, oneste e incontestabili almeno quelle.

Tocca ingozzare, il verbo è brutto ma rende l'ìdea, anche questo alla tifoseria della Mens Sana, che in una caldissima giornata di giugno si ritrova non a gioire della bella vittoria su Cecina, bensì a commentare la polverizzazione ai quattro angoli del mondo (modo di dire, d'accordo, ma decifrare un'asta on line ed i suoi compratori mette tante idee in testa, nessuna delle quali buona, purtroppo) dei suoi trofei, battuti per pochi e maledetti spiccioli a conclusione di una vicenda grottesca, trascinatasi inutilmente per otto mesi (di buoni propositi, forse anche di qualche chiacchiera inutile) e terminata con la beffa, cocente, di vedersi soffiata tutta l'argenteria con un investimento di appena un migliaio di euro. Centesimo più, centesimo meno. Ne aveva raccolti almeno dieci volte tanti il Comitato La Mens Sana è una Fede, soldi virtuali d'accordo (si trattava di sottoscrizioni volontarie: magari non tutti, alla fine, avrebbero mantenuto la promessa, ma conoscendo l'attaccamento alla causa si sarebbe scesi, al massimo, di poche centinaia di euro) ma più che sufficienti per non cadere rovinosamente a San Martino, che nonostante il Palio sia dietro l'angolo non è la curva di Piazza ma la località a pochi chilometri da Siena dove si svolgono le aste giudiziarie, e vedere qualche buontempone che porta via la coppa di uno scudetto scucendo la roboante cifra di 13 euro e 30 centesimi.

Come è stato possibile arrivare a tutto questo? Premesso che, a monte, rimane la responsabilità di chi ha deciso di staccare la spina alla Mens Sana Basket una volta constatata l'impossibilità di continuare a farne la propria fonte di lauti guadagni (l'origine del male, citazione quasi biblica, rimane quella, inutile girarci troppo intorno), c'è un buco nero nei contatti allacciati fra la Polisportiva, che aveva manifestato il proprio interesse al riacquisto di almeno una parte dei trofei, ed il curatore fallimentare, che partito con l'idea di vendere a 60 mila euro coppe, mute, borse e palloni si è ritrovato a racimolare per i tanti creditori della fallita società biancoverde meno di quanto un normale impiegato guadagna in un mese di lavoro. L'implosione di una strategia apparentemente buona come il prendere tempo mandando deserte le prime aste, si verifica nel momento in cui il curatore percorre la strada della vendita on line: lo spacchettamento in circa un centinaio di potenziali aste on line, la cauzione di 200 euro da versare per prendervi parte e garantire di non bluffare ed altre modalità di ingaggio diventano una sciarada irrisolvibile e il fatto di esserne venuti a conoscenza appena una manciata di giorni prima dell'asta sono le cause che consigliano la Polisportiva di tirarsi indietro.

“Lack of communication or lack of comprehension?” si interrogherebbero Sherlock Holmes e Watson studiando il caso. Qualunque sia la risposta, la speranza che tutto rimanesse ancora una volta invenduto è andata a carte quarantotto nel momento in cui, attorno alle sei del pomeriggio di ieri è apparsa la prima, timida offerta di ben 10 euro per mettersi in salotto la coppa dello scudetto 2004, quello di Charly, Gek, Bootsy e ovviamente anche di Ghiaccio (sì, proprio lui, che nel frattempo, con undici anni in più sulle spalle, sta mettendo calce e mattoni in quantità industriale per riportarci almeno a disputare un'onesta serie A2), battuto alla fine per qualche foglio da 100. La dispersione del patrimonio è stata questione di minuti, di mouse che (chissà da dove) facevano clic, di bonifici in partenza e di fax in ricezione.

Sperare, adesso, che molti (e non solo uno...grazie!) degli acquirenti vogliano poi donare alla Mens Sana il frutto della propria vittoria on line è un voler credere a tutti i costi al lieto fine. Sognare non costa nulla, d'accordo, peccato quando ci si sveglia la realtà sia ben altra. Nell'attesa di vedere i nostri trofei sistemati in qualche salotto, oppure rivenduti una seconda volta su ebay o ancora (al peggio non c'è mai fine) sventolati per scherno in altri palazzetti, la sensazione che, ancora una volta. alla gente della Mens Sana non sia stato portato un briciolo di rispetto è forte. Molto forte.

Matteo Tasso

 

 

 

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