Canestri, agonismo e attaccamento alla maglia. In un filmato tutte le prodezze dell'ex capitano mensanino
Sandro Dell’Agnello arriva a Siena nell’estate del 1996, un paio di mesi prima di compiere 35 anni. L’idea che l’ala livornese abbia detto sì alla Mens Sana per avvicinarsi a casa e, di lì a poco, appendere le scarpette al chiodo al termine di un’onorata carriera sul parquet sfiora un po’ tutti in quei giorni, ma è un’idea che non ha fatto i conti con il giocatore e soprattutto con l’uomo Sandro Dell’Agnello, uno che il basket lo ha scoperto tardi, sostanzialmente per caso (a 18 anni guidava il camion, come tutti in famiglia, ma siccome “era alto” lo aggregarono ad una squadretta di Promozione, due anni dopo era in A2 con la Pielle) e che, però, da quel momento ha dato lezioni di competitività ed agonismo a chiunque sia transitato dalle sue parti sopra un parquet.
Non lo chiamano per caso “Il Grinta” (dalle nostre parti però il soprannome più gettonato diventa e rimane “Sandrokan”), Dell’Agnello, e poche settimane bastano per renderlo punto di riferimento di una squadra ed una tifoseria. Quella Mens Sana, costruita con pochi soldi e tante scommesse, sbattaglia in giro per l’Italia per ritagliarsi un ruolo diverso: bisogna mantenere la categoria, certo, ma si prova a farlo senza troppi patemi d’animo e c’è spazio pure per pensare a raggiungere i playoff e, quando le cose vanno ben oltre le più rosee aspettative, annusare l’aria del basket internazionale.
Dell’Agnello rimane a Siena quattro anni (tre e mezzo, per la precisione, perché nella stagione 98/99 c’è una parentesi di 11 partite giocate a Roseto dalla quale viene richiamato a furor di popolo) e volendogli ritagliare un ruolo nell’evoluzione di viale Sclavo, rappresenta l’anello di congiunzione, il raccordo, tra la Mens Sana abituata a giocare per evitare la retrocessione e quella che di lì a poco inizierà a mettere trofei in bacheca, in Italia ed in Europa. Non ha vinto nulla con addosso la maglia biancoverde, impossibile del resto chiedere a quella Mens Sana di vincere qualcosa, eppure nei ricordi e nell’immaginario Dell’Agnello rimane “il capitano” della Mens Sana, almeno fino a quando (e comunque i paragoni sono difficili, oltre che scomodi) da queste parti sono atterreranno i “marziani” dell’era Montepaschi.
Matteo Tasso