Mentre le istituzioni locali si battono per salvare il futuro dei lavoratori, una risposta concreta da parte dello stato non può essere rimandata
La multinazionale turca Beko, leader nel settore degli elettrodomestici, ha annunciato un piano industriale che prevede la chiusura, entro la fine del 2025, degli stabilimenti di Siena, Comunanza nelle Marche e della linea del freddo a Cassinetta. Una decisione che avrà ripercussioni gravissime sul territorio, con 1.935 esuberi complessivi, di cui 299 solo a Siena.
Un nuovo incontro tra le parti sociali e il governo è stato fissato per il 10 dicembre alle ore 14 presso il Mimit (Ministero delle Imprese e del Made in Italy). Tuttavia, i sindacati e le istituzioni locali denunciano l’assenza di una chiara strategia da parte del governo, che, nonostante abbia spesso richiamato l'uso della Golden Power, non sembra essere intervenuto, al momento, con la necessaria fermezza per salvaguardare i posti di lavoro e il tessuto produttivo locale.
Il dramma dei lavoratori e del territorio
La chiusura degli stabilimenti non rappresenta solo una crisi occupazionale ma anche un colpo durissimo all'economia e alla coesione sociale delle aree interessate. A Siena, il provvedimento coinvolge direttamente quasi 300 famiglie e mette in discussione il futuro di un'area già fragile da un punto di vista economico. Situazione simile a Comunanza e Cassinetta, dove la decisione di Beko rischia di svuotare il tessuto industriale, già in difficoltà per la mancanza di investimenti significativi negli ultimi anni.
Non è la prima volta che il comparto industriale italiano si trova di fronte a situazioni analoghe. Grandi multinazionali attirate da incentivi statali o vantaggi competitivi scelgono di insediarsi in Italia, ma senza mai credere realmente nelle potenzialità di sviluppo e rilancio dei territori. Il risultato è un progressivo declino, culminato con decisioni di chiusura come quella attuale.
Una reindustrializzazione necessaria
Sindacati e rappresentanti locali sottolineano che non è accettabile che la chiusura avvenga senza un serio piano di reindustrializzazione che consenta di assorbire la totalità del personale in esubero. Il governo, avrebbe dovuto esercitare maggiore pressione su Beko per ottenere impegni concreti su questo fronte. Una strategia di reindustrializzazione non può limitarsi a dichiarazioni di intenti, ma deve includere incentivi per attrarre nuovi investitori, promuovere la transizione verso settori innovativi e garantire la continuità produttiva.
Il corteo cittadino del 25 novembre
In risposta all’annuncio di chiusura, le organizzazioni sindacali hanno indetto un corteo cittadino per il prossimo lunedì 25 novembre, con ritrovo alle ore 9 in piazza La Lizza e un comizio conclusivo in piazza Salimbeni. La manifestazione ha l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica e sollecitare un intervento deciso da parte del governo e delle istituzioni locali.
Una riflessione sulla politica industriale italiana
La vicenda Beko riaccende i riflettori sulla fragilità della politica industriale italiana. Per decenni, il nostro Paese ha assistito a un progressivo smantellamento di aziende, senza mai adottare strategie di lungo periodo per rilanciarlo. Il caso Beko è solo l’ultimo di una lunga serie di crisi che coinvolgono marchi internazionali, spesso incapaci di valorizzare le potenzialità locali, evidenziando unicamente le criticità.
Una risposta concreta da parte del governo non può più essere rimandata. È necessario un piano strutturato che contempli non solo la tutela dei livelli occupazionali, ma anche il rilancio dei territori attraverso politiche di sviluppo sostenibile, incentivi all’innovazione e investimenti pubblici e privati.
L.C.