URIM, DAL KOSOVO A SIENA: "IL TERRORISMO SI COMBATTE CON L'AMORE"

News inserita il 02-12-2015 - Attualità Siena

Classe 1995, tra le pagine di un libro racconta la sua vita e quell'amicizia con Remington Baselj nata dopo 13 anni dalla prima lettera inviata dagli USA.

 

 

Urim è un giovane ragazzo Kosovaro. Adesso vive in Svizzera ma per alcuni anni ha portato le storie della sua vita anche nel senese. Una vita che oggi è raccontata tra le pagine di un libro.

"L’altro giorno mi ha scritto Remi, una mia pen friend americana, per chiedermi come stavo dopo i tragici avvenimenti di Parigi. Era rimasta indignata e le premeva sapere se gli eventi che avevano colpito i vicini francesi avessero delle ripercussioni dirette anche sulle nostre vite. La nostra amicizia è nata qualche anno fa, e da allora si è consolidata sempre di più.


Fu in un giorno afoso dell’estate 2012, durante l’orario in cui la maggior parte delle persone fanno il riposino pomeridiano, che ritrovai quella scatola che ha reso dolce un brutto periodo della mia infanzia. Come ogni anno, anche durante quelle vacanze estive, eravamo andati nel nostro paese d’origine, il Kosovo, per passare qualche settimana in compagnia dei nonni e dei parenti. Quel giorno, non sapendo cosa fare, decisi di salire nella nostra soffitta per immergermi nei grossi scatoloni in cui mia madre custodiva i nostri ricordi. Dopo aver frugato qua e là sfogliando qualche album fotografico, mi imbattei in una scatola particolare, che attirò la mia attenzione. Al suo interno c’erano delle cartoline e una lettera scritte in lingua inglese, dei disegni, qualche peluche e una pallina di gomma soffice. Sopra a tutto questo, vi era una piccola fotografia incorniciata di una graziosa bambina che indossava un vestitino da Biancaneve. Osservando alle sue spalle il bellissimo giardino ricoperto di fiori, sembrava di essere catapultarti in un paesaggio fiabesco. Le lettere si rivolgevano all’amica/amico sconosciuto che avrebbe ricevuto il pacco ed era datata Dicembre 1999. In quelle righe la bambina della fotografia, probabilmente aiutata da un adulto, si presentava, parlava della sua famiglia e della scuola che aveva appena iniziato a frequentare, del suo amato cane che era stato investito l’estate precedente e delle sue passioni. Tra le lettere, c’era anche un suo disegno che raffigurava un suo ritratto, il suo amato cane scomparso e la sua amica destinataria, che ancora non conosceva. Leggendo quelle parole, fui colpito da un forte senso di commozione. In fondo alla lettera, riportava i suoi dati e l’indirizzo di posta elettronica, e diceva di non vedere l’ora di ricevere una mia risposta. Risposta che sarebbe arrivata solo tredici anni dopo.
Dopo aver finito di leggere, andai immediatamente da mia madre per informarmi sulla provenienza di quel pacco e lei mi disse che l’avevo ricevuto dai soldati della Nato, che erano venuti nel nostro villaggio per distribuire aiuti umanitari ai reduci della guerra del Kosovo, prima delle feste di fine anno del 1999. Non conoscendo la lingua inglese, non eravamo mai riusciti a capire il messaggio di quelle lettere ma, mi disse, ero stato molto contento di aver ricevuto quei giocattoli, dopo che avevo perso tutti i miei nelle distruzioni della guerra. Finalmente, grazie a quel pacco, che aveva rallegrato le mie giornate, avevo di nuovo qualche distrazione.
La sera stessa di quel giorno cercai su Facebook il nome della bambina, che si chiama Remington Baselj, la contattai e, dopo averle raccontato tutta la storia, che aveva commosso anche lei, ci siamo tenuti in contatto e siamo diventati amici. Purtroppo non abbiamo ancora avuto modo di incontrarci fisicamente, ma ci siamo promessi che un giorno riusciremo ad abbracciarci.
Nei suoi messaggi si percepisce la delusione per il fatto che il suo paese (gli USA) non fa niente per aiutare le persone che vivono terribili condizioni di guerra nel Medio Oriente. Vorrebbe fare molto di più per i rifugiati che hanno perso tutto, la casa, la famiglia, la libertà. E non comprende il motivo per cui le persone rifiutano di andare più in profondità e scoprire la verità. E’ atterrita dalla potenza che hanno i Media di distorcere la realtà, manipolando le notizie a loro piacimento e portando le persone a seguire il loro punto di vista. E’ preoccupata per tutta la popolazione di religione islamica, che viene etichettata come di terrorista, quando è evidente che il terrorismo non ha niente a che vedere con la religione. Quale uomo di fede può uccidere in nome di Dio? Perché le persone non possono vivere in pace? Per quale motivo le persone hanno paura del “diverso”? Mi dice che è veramente contenta di essere mia amica, che noi siamo l’esempio di come persone così lontane e con colture diverse possono stringere forti legami.
Con questa grande necessità di aiutare il prossimo, Remi mi ha insegnato il grande valore della vita; con il suo forte senso umanitario, mi ha insegnato cosa significa porgere la mano ad una persona che ha bisogno. E ho provato sulla mia pelle le sensazioni che si provano ricevendo un aiuto umanitario, qualunque esso sia: una lettera, un disegno, una fotografia o un giocattolo. Basta poco per alleviare la vita di un bambino colpito dalla guerra. E allora, cosa aspettiamo a donare un pezzo della nostra vita? Può essere di fondamentale aiuto, e magari, come io stesso sto facendo in questo momento, anche un bambino siriano, tra qualche anno, potrà raccontare al mondo intero di come voi abbiate contribuito, con il vostro gesto, a cambiare la sua vita."

Urim Qovanaj
Berna, 20 Novembre 2015


Nota biografica. Urim Qovanaj è nato il 15/10/95 a Prizren, in Kosovo. Reduce dalla guerra del Kosovo, all'età di otto anni si è trasferito in Italia, a Siena, dove vive con i genitori, la sorella e il fratello. Frequenta la quinta superiore all'istituto “Bandini”, corso geometri.

 

 

 

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