UNA FINESTRA SU SIENA: PRESTO IN LIBERTÀ L'OMICIDA DEI DUE CARABINIERI?

News inserita il 01-06-2016 - Attualità Siena - Rubrica Una finestra su Siena

Trasferito alla Rems di Volterra l’uomo che nel 1990, in via dei Gazzani, uccise Mario Forziero e Nicola Campanile. “È il primo passo verso la liberazione di un pluriomicida”, denuncia il figlio di un’altra vittima del serial killer.

 

Mentre in tutto il Bel Paese sale la febbre per l’attesa dei mondiali di calcio di Italia ‘90, complice anche la calura che, prepotente, già si fa sentire in quel primo giorno di giugno, la routine e l’atmosfera estiva che si respira anche nella città di Siena viene improvvisamente squarciata  da un fatto di cronaca nera che resterà per sempre nella memoria dei senesi come uno dei più tragici della sua (spesso) tranquilla storia, quantomeno di quella recente.

Sono circa le tredici e trenta. Mario Forziero e Nicola Campanile, carabinieri in servizio di perlustrazione, 30 anni il primo, 24 il secondo, bloccano con la loro auto un ciclomotore che, in via dei Gazzani, sta procedendo contromano.

Quello che doveva essere un normale controllo, si trasforma invece in un agguato mortale. Alla richiesta dei documenti infatti, il 27 enne pregiudicato Sergio Cosimini, senza proferire parola, da sotto il sedile estrae la pistola e con un colpo sparato a bruciapelo fredda Campanile, che si trovava alla guida del mezzo, e immediatamente dopo scarica la sua Colt 42 contro Forziero, che nel frattempo era uscito dall’auto impugnando la pistola nel tentativo di rispondere all’aggressione. I due militari, accasciati a terra in un lago di sangue, moriranno poco dopo durante il trasporto in ospedale.

Nel frattempo l’assassino si dà alla fuga e in via Fruschelli cerca di confondersi tra un gruppo di persone in procinto di salire su un pullman lì parcheggiato. Dei poliziotti e un paio di agenti municipali, che si erano da subito messi sulle sue tracce, riescono ad individuarlo, e, una volta bloccato, a caricarlo a forza nell’auto che lo porterà in questura, salvandolo tra l’altro da un tentativo di linciaggio.

La città, attonita e sgomenta, partecipa in massa e con grande commozione ai funerali solenni dei due carabinieri che si svolgeranno in Duomo il giorno successivo; mentre l’assassino, che di lì a breve verrà portato nella struttura di Montelupo Fiorentino, si autoaccuserà di un altro omicidio, avvenuto il giorno di Santo Stefano dell’anno precedente, quando, in via Barbacane, una stradina che da Firenze si inerpica sulle colline di Fiesole, con un colpo alla testa sparato a bruciapelo, freddò, senza alcun motivo, il pensionato Antonio Cordone, che stava passeggiando in compagnia del suo cocker.

La Toscana, sulla quale ancora aleggia sinistra e misteriosa l’ombra del mostro di Firenze,  ripiomba così all’improvviso nell’incubo di un altro serial killer, stavolta però consegnato per fortuna alla giustizia.

Un personaggio, Cosimini, noto alle forze dell’ordine per altri precedenti penali.

Mentalmente disturbato, di carattere cupo e solitario e affetto da manie persecutorie, negli ultimi tempi, soprattutto a seguito della morte della madre, il suo temperamento ombroso si era ancor più accentuato, con sogni ed incubi ricorrenti che lo martellavano in continuazione. Insomma un soggetto socialmente pericoloso, ritenuto tale persino da suo padre Franco, che più volte si era appellato, inascoltato, a medici, poliziotti, e giudici affinchè prendessero in seria considerazione la sua instabilità psichica e pericolosità sociale.

Nessuno però sembrò ascoltare con la dovuta attenzione il grido sofferto di questo padre. Anzi, neppure l’averlo colto, durante un controllo, in possesso di un fucile a canne mozze, bastò per tenerlo in prigione (“non pericoloso”, fu infatti il responso di una perizia psichiatrica eseguita in quell’occasione).

Così, purtroppo, si è dovuto attendere il sacrificio estremo dei due carabinieri “senesi”, in quell’anonimo venerdi di giugno, per “provare”, se mai ce ne fosse stato ancora bisogno, quanto in realtà questo individuo fosse pericoloso.

E proprio di recente di Sergio Cosimini le cronache locali sono tornate ad occuparsi.

Agli inizi di questo anno infatti, dall’Opg (Ospedale Psichiatrico Giudiziario) di Montelupo dove era detenuto, è stato trasferito alla Residenza per l'esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems) di Volterra; una nuova tipologia di istituti questa, che secondo alcuni non garantirebbero un'adeguata sicurezza, dato che non prevedono una vigilanza interna (la cui gestione invece è di esclusiva competenza sanitaria) ma solamente perimetrale, affidata a guardie giurate. 

Inevitabili pertanto le prese di posizione su un provvedimento del genere, soprattutto se si tiene conto del fatto che Sergio Cosimini, già nel 1998, era riuscito a fuggire durante un permesso autorizzato.
Anche Marco Cordone, figlio del già citato pensionato ucciso a Firenze dal Cosimini nel dicembre del 1989, fondatore del comitato “Dalla parte di Abele” nonchè capogruppo della Lega Nord al consiglio comunale di Gambassi Terme, ha espresso tutto il suo sdegno.

“Una vergogna - ha denunciato - Questo Ã¨ il primo passo verso la liberazione completa di un pluriomicida. Stiamo parlando di un serial killer delle cui eventuali azioni criminali future dovranno rispondere coloro che hanno preso questa decisione.”

Difficile dire se le sue paure siano motivate o invece esagerate. Quello che però ci auguriamo, visti anche “gli errori” di valutazione già commessi in passato nei confronti di Cosimini, è che decisioni come queste vengano prese con la massima prudenza e dopo un’attenta valutazione, per evitare di ritrovarsi poi un giorno, Dio non voglia, a piangere altri Forziero e Campanile.

Andrea Verdiani

 

 

 

Galleria Fotografica

Web tv