UNA FINESTRA SU SIENA: GRANDI CATASTROFI DELLA STORIA HANNO COLPITO LA CITTÀ

News inserita il 01-03-2019 - Attualità Siena - Rubrica Una finestra su Siena

Eventi sfortunati di notevole peso sociale ed economico

Giorni di tensione per la Siena sportiva. Giorni che riportano alla mente quel 2014 durante il quale fallirono le due squadre maggiori della città: l’A.C. Siena e la blasonata Mps Siena Basket. Tempi bui per Siena, che mostrano una città in sofferenza e in declino economico dal 2012, a seguito del crollo del Monte dei Paschi.
Queste sono solo le ultime catastrofi che hanno colpito Siena nella sua storia, ripercorrendo la quale se ne ritrovano altre di grande peso sociale ed economico. Basti pensare all’epidemia di Peste Nera che colpì l’Europa tra il 1347 e il 1351 causando la morte di 20 milioni di individui, circa 1/3 della popolazione totale. Questa epidemia colpì la nostra città con una tale forza che, tra l’aprile e il settembre del 1348, ridusse la cittadinanza senese di circa 2/3. Come controprova di questa alta mortalità basti leggere la testimonianza di un cronista dell'epoca, che confessa: «E io Agnolo di Tura, detto il Grasso, sotterrai 5 miei figliuoli co’ le mie mani». Anche la politica e l’economia cittadina ne risentirono, dato che la prima si fermò quasi del tutto nei mesi del contagio provocando una sorta di anarchia che portò all’aumento dei crimini, mentre la seconda vide la diminuzione dell’approvvigionamento e l’interruzione dell’industria della lana. L’essere sopravvissuti a una così grande sciagura spinse i superstiti a ringraziare la Vergine protettrice dedicandole una cappella votiva in Piazza del Campo.
Sebbene costruita su uno strato di terreno tufaceo che ne ammortizza l’intensità limitando i danni, Siena fu colpita da un gran numero di terremoti degni di nota, a partire da quelli del 1294 e del 16 dicembre 1320 per giungere a quello del 26 maggio 1798, che causò ingenti danni alla città e la morte di quattro persone, passando per l’incredibile sciame sismico che si ebbe tra il gennaio e l’agosto 1467, episodio famoso per essere stato rappresentato su una tavoletta di Biccherna da Francesco di Giorgio Martini. L’ultimo sisma che recò danni alla città sicuramente i più anziani se lo ricorderanno: è quello del 31 gennaio 1940, quando nella tarda mattinata furono avvertite due scosse, rispettivamente del IV° e del VII° della scala Mercalli, che provocarono danni a diversi edifici ma non alle persone.
Stranezze della natura avrebbero potuto provocare problemi di non poca valenza al normale svolgimento della vita umana. In questo senso bisogna ricordare due nevicate “fuori stagione” che si ebbero a Siena il 21 maggio 1710 e tra 4 e 6 maggio 1740. Due testimoni oculari di questi eventi, rispettivamente Vincenzo Brando da Chiusdino e Giovanni Antonio Pecci, ci informano dei molti danni da essi provocati in città e in campagna, specialmente a discapito dell’agricoltura e del bestiame.
A proposito di “stranezze”, quali potrebbero essere state le impressioni per dei popolani del XVIII secolo se dal cielo fossero piovute pietre? È ciò che accadde la sera del 16 giugno 1794, quando intorno alle 19:00 due paesi della Val d’Asso (Lucignano d’Asso e Cosona) furono colpiti da una pioggia di meteoriti. Questo evento, secondo la testimonianza diretta di Ferdinando Sguazzini riportata da Ambrogio Soldani, «non ha cagionato alcun male, ma la paura fu grande per quegli che ne furono spettatori oculari, ed auricolari».
Un trauma di non poco conto per una popolazione come quella senese, sempre fautrice di una certa autonomia, dovette essere la pace di Cateau-Cambrésis del 2 e 3 aprile 1559, quando la nostra città fu offerta a Cosimo I de’ Medici, che ne divenne duca. Dopo molti anni di scontri era finita la Guerra di Siena, ma con essa era venuta meno anche la sua secolare libertà: «aveva inizio – come scrive Roberto Cantagalli – il conformismo dei lunghi secoli della schiavitù».
Tra tutti questi eventi, soprattutto uno ha colpito con particolare forza i senesi. Mi riferisco alla perdita della libertà a seguito della fine della Repubblica, momento fondamentale nella storia cittadina in quanto plasmatore di una mentalità “catastrofista” e attaccata al passato che si ritrova perfettamente nelle parole di Ranuccio Bianchi Bandinelli, il quale ritiene che in questa città il tempo sembra essersi fermato al 1555 dopo aver avuto il punto più alto nel 1260. Sicuramente la rappresentazione che il Bandinelli ci ha fornito della sua città natale è volutamente esasperata, ma non si allontana troppo dalla verità.

Michele D'Ascoli

 

 

 

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