STORIA DEL PALIO: QUANDO NON C'ERA IL FOTOFINISH

News inserita il 30-08-2019 - Palio - Rubrica Storia del Palio

Arrivi contestati, dopo corsa tumultuosi e vittorie a metà tra ‘700 ed ‘800.

Il leit – motiv dell’annata paliesca appena terminata è stato quello degli arrivi testa a testa. Oggi i giudici della vincita dispongono di validi strumenti per assegnare il cencio ad una contrada in caso di arrivo concitato, tra di essi c’è un’asta montata all’estremità sinistra del Palco dei Giudici, posta in linea esatta con il bandierino, che funge da “mirino”, di fronte al quale i tre giudici pongono i loro occhi per individuare il punto preciso di arrivo ma, da una decina di anni a questa parte, a loro disposizione c’è pure un fotofinish, (per la verità non ufficiale, la foto infatti non viene resa pubblica), che può essere consultato in casi estremi o indecifrabili ad occhio nudo come quello dello scorso 16 agosto. Un tempo però tutti questi mezzi non c’erano, ed in alcuni casi attribuire la vittoria era compito assai arduo.

Va detto come, per lungo tempo, è stato difficile addirittura  individuare il punto preciso di arrivo; “vince la contrada che per prima passa davanti al palco dei giudici”, diceva la norma, ma ciò non impediva il realizzarsi di situazioni paradossali. Nell’agosto 1713, ad esempio, sorse una discussione sull’attribuzione della vittoria: l’Onda, che aveva dominato la corsa con il cavallo Barberino, montato da Cappellaro, compiuti i tre giri canonici, si fermò all’altezza del verrocchio, ritenuto dal fantino di Via Duprè il punto di arrivo, e fu sorpassata al galoppo dalla Tartuca con Montalcino e Ruglia che tagliò quello che egli credeva essere il vero punto di arrivo, il Palco dei Giudici. Nacquero quindi delle contestazioni tra i due popoli, che ben presto sfociarono in una violenta rissa. La questione, non potendo essere risolta sul posto, fu portata in tribunale, e solo il 10 settembre l’Auditore Generale pose la parola fine alla diatriba, decidendo salomonicamente per la divisione del premio, mentre il drappellone non venne assegnato e fu donato alla chiesa di S. Giuseppe, al termine di una cerimonia solenne alla quale parteciparono le due contrade interessate che offrirono anche 6 libbre di cera ciascuna in un clima di festa e di rispetto reciproco.

Nel luglio 1730, il cavallo del Nicchio montato da Capanna, si impuntò clamorosamente all’altezza del palco dei giudici non volendone sapere di compiere gli ultimi metri della corsa. Sopraggiunse la Selva che vinse così il Palio. Ne nacquero grossi disordini tra i contradaioli con pugni e colpi di bastone che “erano frequenti come colpi di gragnola”; il cencio fu lacerato e solo in serata fu consegnato ai selvaioli. La delusione fu forte, non solo per i nicchiaioli, ma anche per il povero Capanna che giurò di non mettere più piede in Piazza. E tale promessa fu mantenuta. Passò appena un anno che la scena si ripeté: nell’agosto 1731, il cavallo della Giraffa, cadde una volta superato il Palco dei Giudici e l’Oca lo superò. E’ Giraffa, sentenziarono immediatamente i giudici della vincita, ma gli ocaioli non la presero proprio bene, e i disordini furono inevitabili. Anche in questo caso, la consegna del drappellone avvenne in tarda serata quando gli animi si furono calmati.

Ancor più clamoroso l’esito del Palio di luglio 1846: tre contrade, Civetta, Istrice ed Oca, piombarono simultaneamente sul bandierino che, dalla fine del ‘700, venne installato per definire con precisione l’arrivo. I giudici sancirono la vittoria alla Civetta  ma, dai punti più lontani della Piazza non era facile decifrare l’arrivo cosicché, nell’incertezza generale, gli ocaioli si precipitarono a prendere il Palio, salendo sul Palco dei Giudici, strappando a forza il cencio ed uscendo da Piazza festanti, mentre “la misera Civetta” come racconta un cronista dell’epoca, “per mancanza di forze, dovette cedere”. I giudici stessi invitarono però i civettini ad andare nel rione e suonare le campane perché la vittoria era stata loro assegnata, ma questi non poterono uscire con il Palio prima del mezzogiorno del giorno successivo quando gli ocaioli furono costretti a restuituire ai legittimi vincitori l’ambito premio, non senza lo scherno e lo “scorbacchiamento” dell’intera città

Davide Donnini

 Foto tratta da www.ilpalio.org

 

 

 

 

 

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