STORIA DEL PALIO: ACCADDE 100 ANNI FA

News inserita il 19-04-2020 - Palio - Rubrica Storia del Palio

Il cappotto di Rancani per Nicchio e Leocorno.

Nell’attesa di conoscere se le carriere del 2020 potranno disputarsi, o se, ipotesi dolorosa, ma allo stato dei fatti altamente probabile, saranno definitivamente annullate, facciamo un salto indietro nel tempo di 100 anni esatti, fino al 1920, anno di grazia per Arturo Bocci detto Rancani, 5 volte vittorioso sul Campo ma che, per le sue grandi doti, avrebbe potuto conquistare un numero più alto di trionfi. Nel luglio di quel 1920, Rancani si impose per i colori del Nicchio, ponendo fine al digiuno che, per la contrada dei Pispini, durava da ben 19 anni, conducendo con autorità un Palio ben giostrato politicamente dalla dirigenza nicchiaiola. Al Nicchio era toccata in sorte la Scodata, nota anche come Mozza, vincitrice della carriera a sorpresa del ’19, che risultava quindi essere una delle grandi favorite assieme all’Onda con Esperta e Pirulino ed al Bruco con Giacca e Nello Magnelli.

Vorticoso fu il valzer delle monte: l’Istrice rinunciò a Picino per montare Cispa, proveniente dalla Torre dove arrivò Moscone; Testina tornò nell’Oca, i vecchi Nappa, Zaraballe e Moro si accasarono rispettivamente nell’Aquila, nella Pantera e nella Selva. La Civetta, infine, scelse l’esordiente Guido Pipeschi. Il Palio, in forte dubbio sino all’ultimo a causa di un violento acquazzone mattutino, venne corso regolarmente e fu caratterizzato dal grande spunto in partenza della Pantera che, dalla rincorsa, prese la testa. Dopo San Martino, il Nicchio assunse il comando e si involò verso un’agevole vittoria. Da segnalare nelle retrovie le cadute di Bruco ed Istrice, quest’ultima avvenuta davanti alla Fonte, con Cispa che riuscì a rimontare ed a concludere la corsa a cavallo, e le numerose nerbate inflitte da Moscone a Testina, in una sorta di vendetta della Torre dopo il tradimento dello stesso Testina dell’anno precedente. Ad agosto Rancani fu mandato dal Nicchio nel Leocorno su Esperta, sebbene il grande favorito dopo la tratta fosse decisamente l’Istrice con Picino che, subentrato a Testina per la prova generale, era voglioso di rivalsa dopo la delusione di luglio, quando venne lasciato a piedi dalla contrada di Camollia. Molti fantini si misero a disposizione dell’Istrice, ben consapevoli di incassare una bella somma in caso di vittoria del Meloni, ed anche Rancani, in un primo momento, si accordò con il fantino di Canepina. Ma la cosa non piacque affatto ai lecaioli che, venuti a conoscenza delle intenzioni del loro fantino, subito dopo la passeggiata storica scesero in pista con intenti poco pacifici per fargli capire  che non avrebbero ammesso tradimenti. Se questo sia stato o meno l’evento decisivo di quel Palio non è dato saperlo, fatto sta che Rancani disputò una carriera magistrale, tallonando per tutti e tre i giri l’Istrice per superarlo all’ultimo Casato, quando Picino assaporava già la vittoria e gli altri otto fantini pregustavano i tanti soldi che sarebbero senz’altro finiti nelle loro tasche. Questo sgarbo non fu ben accolto da Picino che, negli anni successivi, più volte si vendicò nei confronti del povero Rancani che, oltre a quelle del Meloni, dovette addirittura subire le ire di alcuni dirigenti di Pantaneto, sicuramente impreparati a sostenere le spese per una nuova vittoria nel giro di soli 13 mesi (il Leocorno infatti aveva conquistato pure il primo Palio dopo ripresa dopo la Grande Guerra, quello del 2 luglio ’19). Per Arturo Bocci detto Rancani fu questo non solo l’ultimo successo, ma anche l’ultima prestazione da protagonista. Tempo dopo, interrogato sui motivi che lo spinsero a non rispettare l’accordo con Picino, Rancani disse, non si sa quanto sinceramente, che preferì nell’occasione la gloria eterna della vittoria al vile ed effimero denaro.

Davide Donnini

Foto tratta da www.ilpalio.org

 

 

 

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