STORIA DEL PALIO: 20 AGOSTO 1945

News inserita il 28-12-2017 - Palio - Rubrica Storia del Palio

Fatti e retroscena del poco pacifico straordinario della Pace.

Sul Palio del 20 agosto 1945, meglio noto come Palio della Pace, si è ormai scritto e detto molto. Oggi nel raccontare quella turbolenta carriera, ci soffermeremo maggiormente sugli avvenimenti precedenti e successivi la corsa che videro protagonisti gli amministratori, il mossiere e molti comuni contradaioli che, con le loro gesta, in alcuni casi un po’ troppo sopra le righe, contribuirono a rendere memorabile quello straordinario.

Il 15 agosto 1945, la resa del Giappone mise definitivamente fine al secondo conflitto mondiale ed a Siena fu proposto dalle contrade quasi all’unanimità (contrari solo Bruco ed Istrice), per mezzo dei rispettivi priori, di festeggiare l’evento con la disputa di uno straordinario. Ma la voglia di Palio dei senesi era così tanta che nessuno voleva attendere settembre: il Palio della Pace doveva svolgersi subito, una volta concluso quello dell’Assunta.

I desideri dei contradaioli si scontrarono però con la dura realtà post - bellica fatta di carenza di beni di prima necessità e di esigenza di ricostruzione, con le poche risorse disponibili, di tutte le infrastrutture bombardate. Per queste ragioni, il Sindaco Ciampolini, nominato dagli Alleati su proposta del CLN, si dichiarò sin da subito contrario al Palio. In una riunione di Giunta convocata il 16 agosto, subito dopo l’effettuazione della carriera vinta dalla Civetta, fu ratificato il “no” allo straordinario. La reazione dei contradaioli fu però rabbiosa: appena uscito dal Palazzo Pubblico, Ciampolini fu costretto con la forza a rientrarvi, ed alle 23 la Giunta si radunò nuovamente ed accettò la proposta del Magistrato delle Contrade di correre la carriera il 19 agosto (che in realtà fu disputata il giorno 20 a causa della pioggia), ”per evitare perturbamenti della tranquillità cittadina, pur segnalandone i pericoli e la mancanza di significato a soli 2 giorni dal Palio ordinario”, così si legge nei verbali di allora. A titolo di protesta per la forma di imposizione usata dai dimostranti, la Giunta rassegnò in blocco le dimissioni. Solo l’arrivo in Comune del Prefetto, alle 1.30 di notte, bloccò momentaneamente la situazione. La mattina successiva, Sindaco ed assessori confermarono la volontà di dimettersi, che rientrò solo dopo un lungo lavoro diplomatico da parte di Prefetto e CLN, anche se, come segno di dissenso, Ciampolini delegò gli assessori per tutti gli atti inerenti al Palio straordinario, che in poche ore fu organizzato; la sera del 17 agosto furono estratte le contrade ed il 18 si tenne la tratta. Il Bruco con Mughetto e l’Arzilli, il Drago con il vecchio Folco ed l’inesperto Rubacuori erano le grandi favorite assieme alla Tartuca con Elis ed Amaranto, sebbene il barbero tartuchino subì un contrattempo durante le batterie e dovette saltare entrambe le prove programmate. Da segnalare infine il debutto sul tufo di Piero, che toccò alla Torre, e che sarà protagonista con un cappotto nel ’46 e con un’altra vittoria nel ’47.

La dirigenza del Bruco, a secco dal 1922, provò ad accomodare il Palio, promettendo cospicue somme a tutti i fantini in caso di vittoria. Ma tra di loro ce ne era uno, il giovane Gioacchino Calabrò, studente universitario di giurisprudenza, che per la sua avvenenza fu ribattezzato Rubacuori, che non era interessato ai quattrini, ma cercava solo la gloria nel Campo. Con il Drago, il Bruco strinse il patto del nerbo legato: solo se l’Arzilli avesse violato tale accordo nerbando Rubacuori, quest’ultimo poteva ritenersi libero di “tirare a vincere”. E così fu. Rubacuori pur non superando mai il Bruco lo incalzò così tanto da indurre il suo fantino ad usare il nerbo sull’avversario per difendere la sua posizione. Rotto dunque l’accordo, Rubacuori sfruttò la maggiore velocità di Folco per conquistare la testa ed andare a vincere tra l’incredulità generale, mentre la corsa di Mughetto, che nel frattempo si era infortunato, si interruppe andando a dritto all’ultimo San Martino. In precedenza era accaduto un altro episodio epico: si narra infatti che, nell’imminenza del Palio, il mossiere Lorenzo Pini fosse stato minacciato dai brucaioli e ciò incise sul suo operato. Egli infatti annullò le prime due mosse, nelle quali la Tartuca era sempre partita prima ed il Bruco era rimasto fermo. Il secondo annullamento provocò la forte reazione dei tartuchini che invasero la pista e portarono via da Piazza Elis, nascondendolo dentro il Palazzo Berlinghieri per paura che fosse ritrovato. Nel frattempo il popolare Silvio Gigli salì sul verrocchio colpendo il malcapitato mossiere. Anche le comparse delle alleate Oca ed Onda, assieme ad alcuni figuranti della Giraffa, solidali con la protesta della Tartuca, abbandonarono il Campo.

Ciò che accadde nel dopo Palio è noto a tutti: Rubacuori sfuggì al linciaggio rifugiandosi nell’Entrone, il cencio, che Dino Rofi non aveva nemmeno ultimato visto il poco tempo a disposizione, come si può vedere nella foto in alto, fu agguantato dai brucaioli e ridotto a brandelli (particolarmente attive in questo frangente le donne di Via del Comune), e l’asta portata via come un trofeo. Quando gli animi si placarono, il Comune ordinò al Bruco di far ridipingere il drappellone a proprie spese, e questo fu consegnato al Drago nel corso di una solenne cerimonia alla quale parteciparono tutte le contrade. Pochi giorni dopo, la giustizia paliesca mise la parola fine sul Palio della Pace, sanzionando pesantemente il Bruco (2 anni di squalifica) e la Tartuca (1 anno di sospensione), oltre alle ammonizioni per Oca e d Onda. Ma nella primavera 1946, il neo eletto Sindaco Bocci condonò le sanzioni per Bruco e Tartuca “per consentire il raggiungimento di una pacificazione degli animi  in prossimità delle ricorrenze paliesche e per non offrire alcun pretesto che potesse dar luogo a nuovi incidenti”.

Davide Donnini

 

 

 

 

Galleria Fotografica

Web tv