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CHE FINE HA FATTO L'INIMITABILE CUCINA SENESE?

News inserita il 28-01-2022

Ricette leggendarie vanno perdendosi per sempre

C'erano una volta, negli anni'70, quelle insegne “Tavola calda” che si alternavano a “Osteria” oppure “Trattoria”... dove l'oste ti tirava per un braccio e ti diceva "accomodati da me che si mangia bene". Erano luoghi antichi di ristorazione sincera, con la tovaglia a scacchi bianca e rossa, sedia di paglia e fiasco del vino vecchio stile. E menù alla carta, nel vero senso della parola perché probabilmente scritto a lapis su un foglio di carta gialla da macellai.

Erano tempi in cui nessuna persona era allergica a qualcosa: la celiachia si trovava solo nei libri di medicina, il colesterolo era una leggenda per vecchi e la glicemia alta andava bene anche se non andava bene; tanto bisognava bere il vino !

C'erano anche quei luoghi da sgabello dove rimediavi in fretta qualche crostino nero alla milza di pretta origine senese, alternato a qualche buon tortellino al sugo “attraventato” al volo sulla mensola, che ti si affacciava davanti come un luogo da sgombrare in fretta perché dovevano mangiare anche quelli dietro di te che attendevano in piedi.

Non parliamo poi di quelle attività notturne che vedevano la fila fuori da un mitico distributore di benzina per aspettare i tortellini al sugo più buoni d'europa, talmente osannati da rimanere nell'olimpo dell'appetito.

Bottegai di rione che a cavallo della loro sedia attendevano i clienti come John Wayne attendeva gli uomini duri nei film western. Salumi dei tempi andati, sepolti nelle memorie dei dietologi, prosciutti salati e con molto grasso e se non assaggiavi buristo e soppressata la tua virilità era assai discutibile.

I dolci li sfornavano le nonne con la dicitura “fatto in casa”, il dolce al cucchiaio non era contemplato, salvo l'antica zuppa inglese, ormai surclassata dal più ruffiano tiramisù; sottolineando che, quest'ultimo, le nuove ricette ce lo presentano scomposto, come dovessimo divertirci a rimontarlo per rimetterlo a posto.

La creatività della moderna cucina è ricca di contaminazioni post-globali, imposte da programmi di successo. E chiunque abbia una “bettola”, crede di trasformarla in un ristorante degno di “masterchef”. La prosopopea culinaria premette l'estetica al buon sapore, ma il vero buongustaio preferisce un piatto di pici grondante di sugo che fuoriesce dal piatto stile camionista, piuttosto che uno stitico spaghetto disposto su un piatto come un quadro di Picasso, dal condimento indecifrabile. Sia chiaro che la cucina gourmet è apprezzata quando è motivata e vera e il conto è corrispondente alla qualità del cibo, alla manodopera messa in atto per la realizzazione e al luogo, così piacevole da ricordarne l'importanza.

Questa nostra amata città di Siena certe volte rimane criticabile anche dal punto di vista culinario, permettendo svarioni paragonabili ad un autorete nel calcio, dove soprattutto dentro le mura il rapporto qualità/prezzo è un antico ricordo paragonabile alle contrade soppresse.

Anzichè tentare di essere quello che non si è, sarebbe bene prendere coscienza di quello che offriamo e non abbandonare la cara e vecchia cucina senese con ricette leggendarie che vanno perdendosi per sempre, per mancanza di tramandamento. La pasta fatta in casa per un ristorante dovrebbe essere all'ordine del giorno o almeno questo succedeva ai tempi del buon Pellegrino Artusi. Se campiamo di ricordi, cerchiamo di ricordarci le cose buone!

 

Simone Benvenuti

 

 
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