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STORIA DEL PALIO: 2 LUGLIO 1946

News inserita il 01-07-2021

Piero e Ganascia portano nei Servi una vittoria molto contestata.

Si erano da pochi mesi sopiti i clamori per il turbolento Palio della Pace, che nuove polemiche, discussioni e contestazioni sorsero a seguito della carriera del 2 luglio 1946. “Una mossa annullata ed una che non persuade”, così infatti titolava, a ragion veduta, la stampa locale all’indomani di quel discusso Palio che, al termine della tratta, una delle più povere della storia, con soli 12 soggetti presentati, vedeva come grande favorita l’Oca, con il vecchio Folco ed Amaranto, considerata da tutti l’accoppiata da battere, vista sia la voglia di vittoria del rione di Fontebranda, a digiuno dal ’34, che l’intenzione di dirigenti e contradaioli di vendicare la purga subita nel “Palio del Mendìa” del ’39, ancora poco digerita dagli interessati. L’avversario più temibile per l’Oca era senza dubbio il Montone, che aveva avuto in sorte il “gigante” Piero, che bene aveva figurato nel già citato Palio della Pace, sul quale, la Torre, che aveva ricevuto la brenna Impero, montata poi da Donatino, girò Ganascia. Nelle prove crebbero anche le quotazioni dell’Aquila, con Salomè e Biondino. Completavano il lotto, la Civetta con Misa e Biondo, il Nicchio con Piccolo e Tripolino, l’Onda con Lampino e Ciancone, la Pantera con Zola e Ranco, l’Istrice con Monecucco e Pietrino ed il Leocorno con Triestina e Morino. La mossa del Palio, come visto, fu convulsa e discutibile, a causa delle decisioni del mossiere Pini, già nell’occhio del ciclone per i ripetuti annullamenti del poco “pacifico” Palio del 20 agosto '45. Nonostante la presenza della Torre vicina al canape, Amaranto riuscì comunque ad uscire in testa, tallonato dall’Aquila e dal Nicchio; il Montone, rimasto di traverso, sembrava fin da subito fuori dai giochi ma, mentre i fantini stavano già impostando San Martino, il mortarettaio Ragno, montonaiolo doc, azionò il mortaretto, ufficialmente per un’incomprensione con il mossiere, anche se in molti notarono in questo scoppio ritardato una malizia di Ragno che, visto il suo Montone fermo, non esitò, contro ogni logica, a fermare la corsa, tra l’incredulità e la rabbia generale, costringendo così le contrade a fare rientro nell’Entrone. In Piazza si scatenò il putiferio, con gli ocaioli inferociti che invasero la pista nel tentativo di aggredite il mossiere. Ristabilito, non senza fatica, l’ordine e cambiata la busta, la seconda mossa fu quella valida. Ancora una volta, Oca ed Aquila furono le più pronte in partenza ma, a San Martino, Ganascia, che stavolta non si era fatto cogliere impreparato, si trovò già in testa, riuscendo a condurre fino al bandierino respingendo, anche con l’aiuto del nerbo, ogni attacco di Amaranto che dovette “accontentarsi” dell’ennesimo secondo posto. Finita la carriera, scoppiarono nuovi attimi di tensione: gli ocaioli, emulando ciò che fecero i brucaioli pochi mesi prima, salirono sul Palco dei Giudici nel tentativo di impossessarsi del Palio, che fu in parte lacerato prima di essere messo in salvo. Soltanto il giorno successivo, e di fronte ad un imponente spiegamento di forze dell’ordine, il drappellone fu consegnato al Montone, mentre l’Oca, che non voleva rassegnarsi alla sconfitta inviò al Comune un esposto, rigettato nella seduta di Giunta del 20 luglio, con il quale chiedeva addirittura l’annullamento della carriera.

Davide Donnini

Foto www.ilpalio.org

 

 

 
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