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LA MENS SANA PIANGE JAMES HARDY, RE DELLE SCHIACCIATE NEGLI ANNI '80

News inserita il 05-01-2021

L'ex giocatore statunitense si è spento a 64 anni. Fu protagonista al palasport assieme a Mike Bantom

James Hardy_Mens Sana

“James, ce la fai vedere una schiacciata?”. La scena si ripeteva, puntuale, almeno una volta a settimana: era l’inverno del 1985, il nostro allenamento di minibasket alla Mens Sana terminava alle cinque del pomeriggio per lasciare spazio in fretta e furia, noblesse oblige, alla prima squadra, ma per convincerci a tornare negli spogliatoi c’era solo un modo e quel modo era vedere James Hardy mettere in scena una delle sue proverbiali inchiodate a canestro.
Se n’è andato una manciata di giorni fa, a fine 2020, James Hardy. A portarselo via, a 64 anni, un attacco di cuore del quale ha dato notizia sui social la moglie, ed il ricordo è volato proprio a quella stagione 1984/1985, l’unica trascorsa a Siena dalla filiforme e reattiva ala-centro statunitense. Inutile cercare paragoni con i campionissimi passati da queste parti negli anni a venire, molti non reggerebbero, va però detto che Hardy, James Percival all’anagrafe, rappresentò in quei mesi qualcosa di assolutamente nuovo ed inconsueto per la platea mensanina: era un atleta clamoroso, oltre che un gran bravo ragazzo (così ne hanno sempre parlato i suoi ex compagni), saltava, stoppava e soprattutto schiacciava come nessun altro prima di lui in maglia biancoverde (anzi biancoblu, era il periodo dello sponsor Mister Day) e questo, indubbiamente, aveva il suo fascino pur non rappresentando in sé alcuna garanzia sul buon andamento della squadra.
Squadra che, infatti, disputò un campionato di A2 abbastanza anonimo nonostante accanto al buon James ci fosse una stella di prima grandezza come Mike Bantom. Corse addirittura il rischio di lottare per non retrocedere, quella Mens Sana, almeno fino a quando non si decise di dare il benservito al povero Lajos Toth, simpatico coach ungherese con una filosofia tutta sua del basket (vedi alla voce “corri e tira”, all’epoca si diceva così, ovvero giocare per vincere 101 a 100, certo non per spremersi in difesa) e qualche esagerazione di troppo, come quando a Bantom, un 2.05 che tre anni prima a Philadelphia cambiava Moses Malone, veniva chiesto di portare palla. Arrivò poi Carlo Rinaldi, anche lui scomparso pochi giorni fa, a rimettere a posto le cose, e la Mens Sana chiuse al nono posto, passando indenne il primo anno del dopo-Bucci grazie anche ai vari Bosio, Bechini, Neri, Cocchia, Cattini.
Hardy, che Toth si era portato in viale Sclavo da Udine, alternó momenti di, citando Dan Peterson, pandemonio (il ricordo va ad un tap-in schiacciato contro Livorno che, comprensibilmente, fece venire giù il palasport, ma anche alla frantumazione del cristallo di un tabellone per colpa di una bimane troppo potente affondata durante il riscaldamento, roba mai vista da queste parti) a qualche pausa di troppo, senza dubbio dovuta al caos cestistico creatosi nei primi mesi dell’annata.
La sua avventura a Siena si chiuse a marzo dell’85, destinazione Francia. E a noi ragazzini del minibasket non rimase che il ricordo dei voli a canestro che ci dedicava, pur di mandarci felici a fare la doccia.
Matteo Tasso

La foto di James Hardy è tratta dallo year book Mens Sana 1984

 

 
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