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STORIA DEL PALIO: 17 AGOSTO 1835

News inserita il 01-10-2020

Campanino ed il patto tradito.

Sul palio del 17 agosto 1835, gli autori del tempo ci hanno lasciato delle cronache alquanto scarne: la carriera infatti, al contrario di ciò che succedeva abitualmente all’epoca, risultò assai lineare (qualcuno la definì addirittura pessima, in quanto priva di accidenti), con il Gobbo Saragiolo nella Torre che prese sin da subito la testa, difendendola senza troppi problemi sino al bandierino finale, venendo insidiata solo dalla Tartuca con Francesco Bianchini detto Campanino, da tutti considerata la vera favorita di quel Palio. Alla base del successo della Torre c’è però una storia fatta di accordi non rispettati, denaro e tradimenti che vale davvero la pena raccontare. Come già detto, l’accoppiata della Tartuca, composta dal potente morello di Giovanni Soldatini e da Campanino, fantino già vincitore in 4 occasioni con tanto di cappotto nel 1830, ed a segno nella carriera del luglio per la Pantera, godeva dei favori del pronostico e, al fine di rendere ancor più agevole la vittoria tartuchina, fu fatto un accordo tra ben 8 fantini, con il benestare dei relativi dirigenti. Inoltre, onde evitare che qualche fantino tradisse i patti, fu imposto loro di versare denaro o oggetti preziosi come garanzia di fedeltà a tale accordo. Ma nonostante tutte queste precauzioni, il traditore ci fu davvero e, incredibilmente, fu proprio Campanino. Durante i giorni del Palio infatti, il Bianchini venne intercettato dai dirigenti della Chiocciola, i quali gli offrirono una cospicua cifra a perdere, si racconta di 40 scudi d’oro, somma ben più alta di quella che avrebbe riscosso in caso di successo. Campanino, come molti colleghi del suo tempo, decisamente più attratti dal denaro che dalla gloria sul tufo, non si lasciò sfuggire l’occasione, accettando la proposta chiocciolina, favorendo così  la vittoria della Torre e sostenendo, di fronte a chi lo accusava di scarso impegno in corsa, come il cavallo del Gobbo Saragiolo fosse decisamente il più forte e che il suo non poteva assolutamente competere con l’avversario. Non sappiamo se tale giustificazione sia stata sufficiente a convincere il popolo di Castelvecchio che comunque, ingoiato il boccone amaro per l’inattesa sconfitta, ebbe modo di rifarsi ben presto, uscendo vittorioso da Piazza nella successiva carriera del luglio 1836.

Davide Donnini

Foto www.ilpalio.org

 

 
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