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STORIA DEL PALIO: 16 AGOSTO 1990

News inserita il 23-04-2020

In occasione della festa titolare del Montone, ripercorriamo gli eventi della carriera dei mille colpi di scena.

“Noi siamo i primi a rullar i tamburi” dice la prima strofa dell’inno del Valdimontone. Ed in effetti, il giro della contrada dei Servi è un momento atteso da tutta la città, che segna il definitivo passaggio dall’inverno contradaiolo al tempo di Palio. Ma quest’anno, come purtroppo sappiamo, non sarà così, ed il Montone, come tutte le altre contrade, non potrà effettuare né il tradizionale giro di omaggio alle consorelle, né le altre iniziative ad esso collegate. Per celebrare, a modo nostro, la festa titolare del Montone abbiamo deciso di ripercorrere gli eventi del penultimo Palio da essa vinto, quello dell’agosto 1990, passato alla storia per i tanti avvenimenti, alcuni anche storici, accaduti durante quei 4 giorni.

14 agosto 1990, il giorno in cui si riscrisse la storia del Palio moderno. Potremmo iniziare così questo articolo dedicato alla carriera dell’Assunta del 1990, in quanto l’evento che sconvolse il mondo paliesco si concretizzò in quella umida e nebbiosa mattinata: le chiacchiere di una possibile monta di Aceto nella Torre che nella notte cominciarono a circolare freneticamente, divennero realtà all’uscita dei cavalli dall’Entrone per la seconda prova, quando le attenzioni di tutti furono inevitabilmente rivolte verso l’accoppiata torraiola. Ma non fu l’unico colpo di scena di quel Palio dalle mille emozioni che già nei giorni precedenti l’inizio della festa regalò sorprese inattese: come un fulmine a ciel sereno, infatti, giunse la notizia delle dimissioni del mossiere Euro Federico Roman, che, ufficialmente lasciava per motivi personali, anche se, tra i contradaioli si sparse la voce di presunte minacce, provenienti da Siena, che indussero il campione olimpico di Mosca ’80  a rinunciare all’incarico. Il suo posto fu così affidato a Wilson Pesciatini, vigile urbano in pensione, di ritorno sul verrocchio dopo quasi 25 anni. Venendo ai giorni del Palio, il lotto alto formato dai capitani per la tratta dava speranze a 5 contrade: la Selva che aveva avuto in sorte Galleggiante, il Montone con Pyteos, il Leocorno, che per l’ennesima volta, riceveva in sorte Benito, la Torre con Uberto e la Lupa con Figaro. Le altre 5, la Giraffa con Euro, l’Onda con Mariolina, la Tartuca con Fabiola, l’Istrice con Orchidea e la Civetta con Adonea, sembravano tagliate fuori dai pronostici. Questo schieramento, viste anche le rivalità in campo, portò ad un frenetico valzer delle monte: detto di Aceto, allora fantino della Tartuca, che preferì la monta del chiacchierato ma ancora mai vincitore Uberto alla mediocre Fabiola, per  la quale capitan Cortecci scelse Tredici, concretizzando così uno scambio nella direttrice Salicotto - Castelvecchio, il colpo più sorprendente lo piazzò il Montone, rinunciando al Pesse, che dopo la grande vittoria dell’86 stava attraversando un periodo infelice, preferendogli Cianchino. La Lupa si affidò nuovamente al Bufera, l’Onda al giovane Imolino, l’Istrice, con una precisa stategia difensiva, piazzò il suo Bonito nel Leocorno a vincere, e montò Bucefalo, la Civetta fece invece esordire un giovane fantino senese che, negli anni a venire, cambierà letteralmente il modo di fare il Palio: Luigi Bruschelli detto Trecciolino. Le ultime monte ad assestarsi furono quelle della Giraffa e della Selva, rispettivamente con Bastiano e Massimino. In questo clima di grande incertezza, favorito anche dalle prove, che non fornirono indicazioni decisive sul possibile esito della carriera, si arrivò alla sera del Palio, la cui mossa fu estenuante e mise a dura prova il rientrante Pesciatini, a causa del nervosismo dei cavalli e dell’indisciplina dei fantini. L’Istrice, di rincorsa, controllava solo i movimenti della Lupa, mentre le altre contrade faticavano a mantenere il loro posto al canape. Dopo una lunga sosta per consentire i soccorsi ad Adonea, colpita da un calcio e sanguinante, Bucefalo, sfruttando un varco millimetrico, entrò nel momento in cui il Bufera si era allontanato dal suo posto per andare a protestare con il mossiere e stazionava al verrocchino. Le contrade ai posti bassi furono le più rapide a scattare, ma a San Martino girò in testa la Selva; Aceto, impegnato per corsie interne, toccò il colonnino e cadde, provocando una carambola che coinvolse pure Istrice e Civetta, uscendo quindi dalla corsa. Al Casato, Imolino, in terza posizione dietro Selva e Leocorno, allargò troppo la curva sbattendo nei palchi, interrompendo così l’azione di Mariolina e venendo risucchiato dagli inseguitori. La Lupa,  partita ultima, si ritrovò così terza, il Montone quarto. Le posizioni sembravano cristallizzate con la Selva che manteneva invariato il vantaggio sulle inseguitrici, ma al terzo Casato si concretizzò la svolta del Palio. Massimino, che a San Martino era stato bravo ad evitare lo scosso della Torre fermo in mezzo alla pista, non riuscì a schivare Adonea e l’impatto fu fatale per il Coghe e per la contrada di Vallepiatta, i cui monturati, certi della vittoria, erano già in pista e correvano verso il palco dei Giudici. Assieme a lui finirono a terra Leocorno, Lupa e Giraffa, che inseguiva discosta, ma che rimase comunque coinvolta nel groviglio di cavalli e fantini. Chi invece ne uscì incolume fu Cianchino che sbatté per ben due volte ma, incredibilmente, atterrò ancora sulla groppa di Pyteos, riuscendo così a tagliare per primo il bandierino.

Davide Donnini

Foto www.ilpalio.org

 

 

 
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