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IN DIFESA E IN ATTACCO DEL PALIO: SELVAGGIA LUCARELLI VS ASSOCIAZIONI ANIMALI

News inserita il 23-10-2018

Proseguono le polemiche

Perché non saranno gli animalisti a farmi cambiare idea sul Palio di Siena:

Partiamo col dire che l’edizione del palio di Siena a cui ho assistito sabato pomeriggio è stata particolarmente serena: un solo fantino rimasto in sella, uno svenuto (ma sano), uno ferito (ma salvo) un volontario ferito (salvo anche lui), Raol, il povero cavalo della Giraffa, abbattuto dopo una brutta caduta e la vittoria della Tartuca con il cavallo scosso. Ci mancava solo che un Airbus in avaria si abbattesse su Piazza del Campo.
Tutto ciò ha provocato l’ira funesta degli animalisti, i quali chiedono l’abolizione della manifestazione, protestano con la Rai che ha trasmesso la diretta e così via. Non solo, siccome anche io ero lì e mi sono permessa di postare delle foto e scrivere che stavo assistendo a qualcosa di incredibile, ora mi ritrovo gli animalisti che insultano me e i miei avi fino al capostipite e mi augurano di reincarnarmi in biada per cavalli. Per carità, comprendo il dispiacere e pure l’assunto di partenza degli animalisti, ci sono però due cose di cui gli animalisti non tengono conto: la prima è che l’abolizione del palio di Siena è probabile quanto la conversione all’omosessualità di Silvio Berlusconi.

La seconda è che la morte del cavallo dispiace più ai senesi che a loro, faccenda che è un controsenso solo per chi non conosce la storia del Palio e non si è mai immerso nella realtà che lo circonda. Il senese ha una tale venerazione per i cavalli che quelli che corrono vengono benedetti direttamente in Chiesa e se non ci fosse quel particolare che di tanto in tanto nitriscono rumorosamente, probabilmente il prete gli farebbe pure celebrare messa. Basta parlare con un qualunque contradaiolo per sentirsi dire che a Siena del fantino non frega nulla a nessuno perché è un mercenario, ma il cavallo è sacro. Il cavallo, nei quattro giorni precedenti la gara, ha un assistente come Valeria Marini che dorme con lui anche la notte, roba che immaginate la povera moglie del Barbaresco: “Tuo marito dov’è?”. “E’ fuori per qualche giorno”. “Dorme fuori con l’azienda?”. “No, dorme con un cavallo”.

Il cavallo, a Siena, è amato, venerato, celebrato. E sabato sera, in tanti piangevano per Raoul. Perché qui i cavalli non fanno parte di un gioco. Fanno parte del loro dna. Così come il palio non è qualcosa che succede due volte l’anno. Il palio è 365 giorni l’anno. “Così come il palio non è morte, è vita”, dicono a Siena, senza neppure troppa voglia di giustificarsi con quelli “di fuori”, perché loro lo sanno bene che oltre la cinta muraria, tutto questo pare una sorta di Black Mirror medievale, una follia collettiva tale che uno si domanda cosa ci mettano dentro la ribollita, ‘sti senesi.
E me lo sono domandata anche io, nei due giorni trascorsi a Siena trascinata con entusiasmo tra prove, benedizioni, cene di contrada e un affaccio privilegiato dalle finestre del comune. Perché di cose incredibili ne ho sentite parecchie, e più ascoltavo i racconti dei contradaioli, più mi pareva di essere in un luogo senza tempo, con regole che valgono solo lì e domande che è meglio fa morire in gola. Per dire, uno di loro mi ha spiegato che quando c’è il palio le classi sociali non esistono. “Mi è capitato di partecipare a qualche scazzottata tra contrade e accanto a me si tiravano su le maniche della camicia notai, avvocati e operai, l’uno accanto all’altro. A me, per dire, m’ha picchiato il mio dentista!”. E le forze dell’ordine, a quanto pare, aspettano 5 minuti prima di intervenire, come in una sorte di fulminea notte del giudizio in cui gli animi si lasciano sfogare. “Prima però ci togliamo anelli e orologi, non si va per farsi troppo male”.

Qualcuno racconta che la rivalità tra contrade è tale che pure a vedere il Siena calcio in trasferta ci si va in 17 autobus, uno per contrada. “Una volta sono stato a vedere la partita fuori casa, durante un tafferuglio sono caduto e me le ha date mica uno della squadra avversaria, ma uno dell’Onda!”, se la ride un contradaiolo della Torre. Ma lo racconta senza rancore, come se tutto questo fosse ineluttabile. E lo è, perché la vita di contrada entra nel sangue, nessuno se la leva di dosso. “L’attaccamento al Palio è bellissimo da bambini, da adolescenti e da anziani perché appassiona e riempie la vita, ma a 20 anni ti tiene imbrigliato alla città, un sacco di ragazzi non se ne vanno da Siena perché fuori hanno nostalgia della vita da contrada”, mi spiega chi da qui non si è mosso mai. Ma di cose assurde, in tempo di Palio, ce ne sono per così. In Italia, per dire, è possibile scommettere su qualunque boiata, dal risultato di Juve- Milan a quanti capelli sono rimasti in testa al principe Harry, ma esiste una LEGGE che vieta alla Sisal di fare scommesse sul Palio.

Qui un posto-finestra sulla piazza, il giorno del Palio, costa quanto un post a pagamento della Ferragni. Qui al fantino nei giorni prima della gara si ritira il cellulare come se stesse andando in seminario.
Qui se sei dell’Oca vuoi vincere, sì, ma più di tutto vuoi fare perdere la Torre. Qui un fantino, per una singola vittoria, pur intascare 200 000 euro, e anche molto di più. Qui quando c’è il Palio cambia la viabilità in città e l’ordine pubblico diventa un concetto elastico.
Qui se sei un turista e ti vedono fare una foto a un cavallo ferito puoi finire al macello al posto del cavallo.
Qui gli animalisti che sbraitano a migliaia sul web, in città si sono avvicinati mezza volta, perché sanno bene che toccare il palio a un senese è come toccare la Boschi a Renzi. E alla fine tengono all’incolumità dei cavalli ma sotto sotto un po’ più alla loro.
Qui se succede qualcosa a un cavallo, attorno all’accaduto si crea una cortina di ferro che manco in Birmania attorno alla questione Rohingya.

Sabato per dire, prima della brutta notizia, sulle sorti del cavallo Raol giravano le ipotesi più svariate: è vivo, è morto, è morto e risorto, è il piatto del giorno all’osteria del centro, è stato scritturato per uno spaghetti western che girano a Poggibonsi, se l’è comprato Putin per la prossima foto in sella a petto nudo, gli sono spuntate su due ali ed è volato via verso la Val D’Orcia come Pegaso. Poi la verità è venuta fuori e nei quartieri di tante contrade, sabato sera, c’era un silenzio spettrale.
Sui siti sono rimbalzate le immagini del cavallo ferito, la polemica ha ricominciato a galoppare veloce, come i cavalli a un passo dal traguardo, dopo la curva del Casato. Ma il Palio- e su questo non ho alcun dubbio- nessuno lo fermerà. Perché è uno spettacolo suggestivo e sovrumano, in cui ad ogni galoppo ci si sente nel 1600. E anche un po’ parte di qualcosa. Di folle, forse, e di spietato, come la storia. “Siete attenti all’orrore di un attimo e non a un amore che dura da secoli. Condannateci pure a morte, ma sappiate che moriremo a cavallo”. Lo ha scritto ieri un’allevatrice senese. Folle, appassionata, infervorata. Come il Palio. Come i senesi.

Selvaggia Lucarelli (Da Il Fatto)

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Rivoluzione Animalista chiede alle istituzioni preposte di archiviare il Palio di Siena, una manifestazione diventata una vera e propria carneficina di cavalli. Dal 2000 sono addirittura otto i puledri che hanno perso la vita a Piazza del campo, in ultimo il povero Raol, su cui la magistratura ha aperto pure una inchiesta. Un episodio di cronaca che la dice lunga sulla pericolosità di questa kermesse, che appare ogni anno feroce e violenta. Da una parte, dunque, sollecitiamo le autorità a fare chiarezza sulle dinamiche, legate alla morte del cavallo senese, dall'altra ci auguriamo che le stesse autorità si mettano una mano sulla coscienza e cancellino definitivamente il Palio di Siena”.

Così, in una nota, il segretario nazionale del partito Rivoluzione Animalista, Gabriella Caramanica.

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Sono 51 i cavalli morti dal 1975 ad oggi, accertati a causa del Palio di Siena. Questa la denuncia della Lav, la Lega Antivivisezione che torna a fare senitire la proptria voce a seguito della recente morte del cavallo Raol, vittima del Palio Straordinario del 20 ottobre scorso. “Un Palio tanto straordinario, quanto violento – afferma la LAV – Non basta dispiacersi a parole o trincerarsi dietro un fantomatico amore per i cavalli che, nei fatti, sembra contraddetto dal bollettino di guerra di 51 cavalli morti a causa del Palio dal 1975 ad oggi”. “Chiediamo – prosegue LAV - al neo Presidente della Rai Marcello Foa di rendere pubblico l’accordo, nella sua presumibile entità economica, per le due dirette televisive e per questo terzo Palio straordinario organizzato in diretta su Raidue per celebrare la fine della Grande Guerra. Evidentemente nel 2018 i cavalli sono ancora in guerra, fino alla morte. Di certo senza il benestare di tanti cittadini e telespettatori indignati per uno spettacolo che ha mandato a morte o ha contribuito a mandare a morte così tanti cavalli.”

Intervista a Nadia Zurlo della Lega Anrti-vivisezione. (NADIA ZURLO)

 

 
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