Un senese, nei giorni della Festa, è una creatura emotivamente instabile. E una madre senese… peggio
Un senese, nei giorni del Palio, è una creatura emotivamente instabile e una madre senese… peggio. Un misto tra un’ansia che non passa, un istinto che non sbaglia e una calma che fingi benissimo ma non hai. Ogni volta che un figlio esce di casa è come se partisse per la guerra.

Un rosario laico fatto di imperativi affannati: “Stai attento”. “Non bere troppo”. “Non stare in mezzo”. “Se partono i cazzotti, occhio”. “Se c’è confusione, non fare l’eroe”. “Se cadi, alzati piano”. “Se ti perdi, chiamami”. “Se vinci…non esagerare”. “Se perdi… torna lo stesso”. “Porta il golf”. “Prendi il giacchetto”. Anche se ci sono 38 gradi. E infine, la più assurda di tutte: “Vai piano”. Anche se va a piedi in contrada. Come se ci fosse un modo per andare piano, a Siena, nei giorni del Palio, come se fosse colpa della velocità, come se uscisse in macchina e non con il cuore.
Lo immagini dietro un cespuglio, in coma etilico. In mezzo ai cazzotti, steso per terra con la faccia sporca. Pensi che possa sentirsi male in Piazza, sotto il sole, tra la folla, mentre tutti urlano e nessuno si accorge di lui oppure che arrivi un extraterrestre e lo porti via. Invece, scena due, lo vedi seduto su uno scalino, con la maglietta sudata, a parlare con uno più grande, che gli offre una birra e, peggio, una verità sbagliata. O ancora: a un tavolo, sotto un palco, in mezzo a mille, col fazzoletto in testa e l’incoscienza in mano, che canta, che ride, che non ha idea di quanto ti batta il cuore, da ore anche se è nel palco accanto al tuo. E poi succede.
Il momento che aspetti da un anno: il cavallo assegnato, la mossa giusta quel secondo sospeso in cui la Piazza trattiene il fiato e tu, che fino a un attimo prima pensavi solo a tuo figlio, non pensi più a niente. Nemmeno a lui. Perché a Siena il Palio ti prende tutta. E, per qualche istante, non sei una madre, sei solo una contradaiola con gli occhi pieni e il cuore che scoppia. E forse sì, è proprio in quel momento che rischi di fare peggio di lui, di urlare di più, di spingere di più, di perdere la testa davvero. E non lo fai per dimenticare tuo figlio, lo fai perché sei come lui, perché il Palio vi ha presi insieme. E in quel momento lì non c’è ruolo, non c’è età, non c’è distanza. C’è solo il battito. Lo stesso. E quando poi lo rivedi sudato, stravolto, con la voce roca e gli occhi pieni non gli chiedi se è stato attento. Gli chiedi se c’era. Se l’ha sentito. Se l’ha vissuto tutto. Perché a Siena funziona così. Prima li proteggi. Poi li lanci. E alla fine li cerchi. Ma solo per sapere che hanno corso davvero. Anche senza cavallo.
Claudia Boschi (madre, contradaiola. Nell’ordine che capita.)