L'intervento di Rifondazione Comunista Siena: "Situazione insostenibile"
Siena, emergenza accoglienza: 35 giovani pakistani abbandonati dalle istituzioni
Siena – Da quasi cinque mesi, trentacinque giovani pakistani vivono all’interno della sede di Rifondazione Comunista, in via di Pantaneto. Una sistemazione d’emergenza, nata per necessità e disperazione, che mette a nudo le falle del sistema di accoglienza e l’indifferenza delle istituzioni locali e nazionali.
Dal 10 novembre, questi ragazzi trovano riparo in uno spazio non concepito per l’accoglienza umana, trasformato in rifugio da chi, nel silenzio generale, ha scelto di non voltarsi dall’altra parte. Ma quella sede, fanno sapere dal partito, dovrà essere sgomberata a breve per tornare agibile, costringendo nuovamente queste persone alla strada, all’incertezza e all’isolamento.
A denunciare con forza la situazione è Rifondazione Comunista, che accusa apertamente lo Stato, la Prefettura e gli enti locali di aver abbandonato i migranti e di aver lasciato ai volontari – come quelli di SiSolidal e della Misericordia – l’onere di garantire accoglienza e assistenza.
«Questi ragazzi non sono numeri», si legge nella nota di Rifondazione. «Sono persone che fuggono da guerra, miseria e persecuzioni, e che qui hanno trovato solo burocrazia, inerzia e un silenzio istituzionale assordante».
Il grido di denuncia arriva a ridosso delle celebrazioni del 25 aprile, quando le piazze si riempiranno di parole come libertà, resistenza e dignità. Ed è proprio di dignità che parlano i militanti comunisti, definendo questa vicenda «una delle pagine più amare della storia recente della città».
«Non è carità quella che chiediamo. È diritto. Non è eroismo quello che serve. È responsabilità», affermano, annunciando la richiesta ufficiale di un incontro con il sindaco e il prefetto per ottenere «una risposta chiara e definitiva».
«Lo Stato ha fallito. Le istituzioni hanno fallito. Ma noi non ci fermeremo», conclude il comunicato. «La solidarietà non è un gesto. È un dovere. E noi non abbiamo avuto paura di compierlo».