Intervista al Cardinale Lojudice dopo l'elezione del nuovo Pontefice, tra emozione, ricordi e speranze per il futuro della Chiesa
Sono passate solo poche ore dalla fumata bianca e dalla comparsa del nuovo Papa, Leone XIV, alla loggia di San Pietro. Il Cardinale Augusto Paolo Lojudice racconta con voce ancora emozionata le due settimane che hanno cambiato la storia della Chiesa, dopo la morte di Papa Francesco.
Eminenza, come ha vissuto questi giorni così intensi?
«Sono state due settimane molto intense, sì. La notizia della morte di Papa Francesco il lunedì dell’Angelo ci ha colpiti profondamente. Certo, sapevamo che era sofferente, ma vederlo ancora recentemente in piazza ci dava speranza che potesse restare con noi ancora un po’. È stato un dolore grande, ma subito dopo è scattata una consapevolezza: la Chiesa è di Dio, è guidata dallo Spirito Santo. E così, già il giorno dopo, siamo stati convocati.»
Come si sono svolti i giorni successivi?
«Ci siamo ritrovati martedì mattina nell’aula per iniziare i lavori. Fin da subito ho rivissuto un po’ l’esperienza di qualche anno fa, quando Papa Francesco ci aveva convocati per discutere della riforma della Curia. Quello che si percepisce fortemente è l’universalità della Chiesa: cardinali da tutto il mondo, culture diverse, ma tutti uniti in un unico scopo. È stato un confronto sereno, sincero e molto profondo.»
E poi si è arrivati al giorno decisivo…
«Sì, il 7 maggio. È cominciata la fase finale. Due giorni intensi, dentro la Cappella Sistina, in quel clima così particolare. Lì dentro si sente, quasi fisicamente, la presenza dello Spirito Santo. Ognuno vota in coscienza, non per simpatia o logica umana, ma cercando il bene della Chiesa. E a poco a poco il nome di Leone XIV è emerso con naturalezza, senza forzature. È stato bello vedere tutto il mondo con lo sguardo rivolto verso quella finestra da cui è uscito il nuovo Papa, con parole semplici ma forti, piene di pace.»
Lei conosceva già il nuovo Papa?
«Sì, ci eravamo conosciuti quando io sono entrato a far parte del Dicastero dei Vescovi. Lui, in quel periodo ancora vescovo in Perù, partecipava alle riunioni. Poi, quando è stato nominato prefetto, ci siamo ritrovati ancora più spesso. Ho sempre apprezzato la sua gentilezza, il suo modo garbato di porsi, il suo equilibrio. Anche nei piccoli gesti, come nei momenti della pausa caffè, si capiva molto di lui.»
C’è un ricordo particolare che le è rimasto impresso?
«Mi ricordo che portavo dei dolcetti senesi prima di Natale e Pasqua, e lui una volta disse: “Che bella Siena!”. Fu allora che scoprii che aveva frequentato spesso il monastero delle suore agostiniane di Lecceto, vicino a Siena, quando era ancora un giovane religioso. Ieri, quando l’ho salutato, ci siamo detti con un sorriso: “Chissà come saranno felici le suore!” E in effetti, lo saranno davvero.»
Che cammino si apre ora per la Chiesa?
«Un cammino di continuità, ma anche di nuova energia. Papa Francesco ha dato un’accelerazione storica a tanti processi. Papa Leone XIV, ne sono certo, saprà guidarci con saggezza, profondità e umanità. Ma non sarà solo: il Papa è il pastore scelto da Dio, ma tutti noi siamo chiamati a seguirlo, insieme, nel nome di Cristo. E così continuerà il nostro cammino.»
Christian Carapelli