Piccoli panettoni regalati ai ricoverati
Un gesto di vicinanza e calore natalizio ha illuminato le corsie delle unità di Medicina interna e della complessità, diretta dal professor Luigi Gennari, e di Medicina interna a indirizzo geriatrico, guidata ad interim dal professor Pietro Enea Lazzerini, presso l’ospedale Santa Maria alle Scotte di Siena. In occasione delle festività, l’Associazione Cattolica Operatori Sanitari (ACOS), in collaborazione con l’Azienda ospedaliero-universitaria Senese, ha organizzato la consegna di doni natalizi ai pazienti ricoverati, portando un momento di gioia e solidarietà.
L’iniziativa rientra nel calendario degli eventi natalizi dell’ospedale e ha coinvolto numerosi professionisti delle due unità operative. Alla consegna hanno partecipato, oltre alla direttrice sanitaria Maria De Marco, i coordinatori infermieristici Francesco D’Ambrosio, Silvia Carli, Elena Fusi, Marta Fontani e Mirko Rosadini.
«Anche quest’anno abbiamo deciso di tornare a donare un piccolo simbolo di Natale ai ricoverati nell’area medica dell’Aou Senese – ha spiegato Manola Pomi, referente di ACOS –. Pensiamo a loro come ai pazienti più fragili tra i fragili: anziani e giovani, cronici, terminali, spesso con un familiare vicino ma, a volte, anche soli. Ricevere un dono li emoziona profondamente: sorridono, ringraziano, e c’è chi esclama commosso ‘è passato Babbo Natale!’».
I doni, costituiti da piccoli panettoni, hanno regalato un momento di serenità e conforto ai ricoverati, grazie anche alla partecipazione diretta della dottoressa De Marco, che ha contribuito personalmente alla distribuzione.
Manola Pomi ha voluto esprimere un sentito ringraziamento ai coordinatori infermieristici che hanno accolto ACOS e reso possibile l’iniziativa: Francesco D’Ambrosio, Silvia Carli, Elena Fusi, Marta Fontani e Mirko Rosadini. «Ringraziamo inoltre la dottoressa De Marco, che ha partecipato attivamente alla consegna dei doni – ha concluso Pomi –. Questi momenti di condivisione ci ricordano quanto sia importante il calore umano, soprattutto in ospedale, dove la fragilità si incontra ogni giorno».