ECCO PERCHÉ DEVI ESSERE FIERO DI BATTERTI PER IL FUTURO DEL PIANETA

News inserita il 25-08-2019 - Attualità Siena

Sostenere delle idee e delle azioni a beneficio della nostra esistenza è urgente e necessario

                        

Dieci anni fa (parlo per la mia generazione, quella venuta al mondo negli anni Novanta) il cambiamento climatico era sui libri di geografia. C’erano immagini di orsi polari, di città avvolte dallo smog, un disegno del buco dell’ozono e un paio di dichiarazioni apocalittiche di qualche scienziato. Gli insegnanti leggevano quelle righe con tono grave e sopracciglia aggrottate. Io, che da quando ho iniziato a capirci qualcosa, collezionavo figurine e libri su fauna e flora e macinavo puntate su Animal Planet, non riuscivo a trattenere la mia rabbia e mi infilavo nei dibattiti. Discussioni che scemavano in un nano secondo perché a parte toccare me, aspirante wildlife biologist, sfioravano poche menti. All’epoca (mi diverte usare questa espressione) o forse anche ora, ma non credo da sempre, se mettevi troppi battiti cardiaci nelle parole che dicevi, se mostravi fervore per ciò in cui credevi, venivi guardato come i sanculotti durante la Rivoluzione Francese. Soprattutto poi quando veniva affrontata la noiosa questione ambientale, eri liquidato tristemente (perché erano tristi le persone, tristi le affermazioni ed ero triste io ad ascoltarli) con risatine e frasi del tipo: “Tanto quando succederà saremo già morti”. L’espressione più infelice credo sia stata: “Quel che sarà sarà” con quella ripetizione verbale un po’ cantilenante. Santo cielo, chiedevo aria più pulita, un mondo più verde, acque meno avvelenate; non mi sembrava di sperare in qualcosa di schifoso o di terrificante per tutti o di invocare una maledizione, tutt’altro. Probabilmente era di tendenza il vuoto mentale e non lo sapevo (ho sempre guardato poco alle tendenze). E poi vennero gli smartphones, i social networks e tutti i musicanti di Brema, i supermercati straboccanti, l’esplosione del consumismo con tanto di fuochi d’artificio; c’erano così tante cose nuove in ballo che figuratevi se ci si poteva un attimo fermare a riflettere su certi problemi (i problemi, la grande orticaria del nuovo millennio, cambia canale va!), così tante cose colorate che era da pazzi domandarsi da dove venissero e dove finissero. Dieci anni dopo vedo coloro che mi dissero la fantomatica frase “Tanto quando succederà saremo già morti” sempre vivi e sudati per il grande caldo. Lo scenario apocalittico dipinto dalla scienza, la Cassandra 2.0, è passato da “tra cinquant’anni” a “tra undici anni” e sta prendendo tremendamente forma; uno ad uno si stanno manifestando tutti i sintomi della febbre del pianeta (me li ricordo bene perché li annotai in un quaderno) quali scioglimento dei ghiacciai, stravolgimenti climatici, migrazioni…Passa il tempo e sembra di esser stati scritturati per il sequel di The Day After Tomorrow. Però, nonostante l’aggravarsi della situazione, i miei occhi ora vedono qualche spiraglio qua e là, che spero prestissimo si dimostri essere un raggio di sole e non il bagliore di una lampadina. Sarà che crescendo sto diventando più ottimista (ma dubito), però preferisco questi dieci anni dopo a quegli oscuri dieci anni prima. Ad esempio vedere quei milioni di persone manifestare in tutto il mondo per un futuro migliore durante i Global Strike For Future del 15 marzo e del 24 maggio mi ha commosso. Non mi sembrano eventi così all’ordine del giorno. Dieci anni prima, nella massa, quindi escludendo tutte le varie associazioni ambientaliste, gli unici che conoscevo che nutrivano quel sogno eravamo io e un altro “mezzo” compagno di classe. Basta. Certo, la strada da percorrere è ancora lunga e in salita. Mi auguro che a Siena il numero dei partecipanti a questi eventi cresca progressivamente. Ma la marcia è cominciata. Vedo partiti verdi, idee verdi un po’ più presenti nei dibattiti politici (per ora solo in quelli), più manifestazioni verdi. Non vorrei sbagliarmi, spero vivamente di no, ma sembra che nell’umanità si stiano piano piano formando correnti che mi piacciono, mosse da nauseati del sistema, da una parte, purtroppo ancora piccola, della società che sostiene idee diverse ed è orgogliosa di battersi per esse. In sintesi un gruppo di anime che si è rotto abbondantemente le scatole di come si è vissuto e pensato fino ad adesso. Finalmente non passa giorno che non se ne parli e penso che se prenderà davvero il via questa tendenza ad avere un’opinione diversa dalla noiosa e ben più pigra e codarda attitudine a non averne, sarò tra quelli che si inginocchieranno e si metteranno a soffiare con tutta la forza dei polmoni affinché prenda fuoco. Perché adesso servono più che mai valori nuovi, idee nuove, soluzioni, adesso sono urgenti una ricostruzione etica e una cambiamento del sistema, un salto successivo e importante. A me non sembra normale che da circa venti giorni stia bruciando l’Amazzonia, il più grande polmone verde della Terra, e che ancora non sia intervenuta nessuna istituzione per fermare questo scempio (e questa non è l'unica devastazione ambientale avvenuta negli ultimi tempi, non dimentichiamocelo), a me non sembra ragionevole continuare a smaltire i rifiuti in mare dopo l’allarme sull’aumento delle microplastiche, a me non sembra il caso, dopo estati torride, crisi agricole e fenomeni atmosferici fuori dall’ordinario, continuare ad insistere sulle fonti energetiche inquinanti e sullo sfruttamento sregolato delle risorse. Lo ammetto; ho volutamente poche certezze nella vita, le conto sulle dita di una mano, sia perché, guardando un po’ dove siamo capitati, non mi sembra il caso di averne molte, sia perché, volgendo lo sguardo al recente passato, chi ne aveva di fisse e granitiche ha lasciato le peggiori cicatrici della storia dell’umanità. Però nel mio palmo c’è sicuramente il fatto che il cambiamento climatico è un’urgenza ed è reale (non vi bastano gli avvenimenti degli ultimi mesi/anni o volete attendere un altro po’?) e che i governi devono prenderne atto immediatamente; non bastano, per quanto ciò non sia motivo per smettere o non iniziare mai, le singole raccolte differenziate e gli individuali accorgimenti ecologici. Qui non possono esistere le mezze misure; non c’è posto per “ma io la penso in un altro modo”, “per me sono balle”…No. È necessario prendere coscienza del fatto che nella realtà esistono momenti per le idee relative e momenti per le cose oggettive e che su certe questioni non si può tentennare, poiché se continuiamo a prendere in simpatia i sostenitori degli asini volanti invece di contestarli e fermarli, ce li ritroveremo a prendere i comandi e dopo saranno lacrime e dolori. Magari nel Medioevo avrebbero arrecato meno danni, ma in quest’epoca, in cui l’uomo ha raggiunto un livello tecnologico tale da avere il potere di determinare la propria cancellazione e quella delle altre specie viventi dalla faccia della Terra, non possiamo più permetterci di avere idee spiritose né di non averne, di pensare solo al proprio tornaconto personale, di non ragionare in un’ottica globale e di non credere che un pensiero, una parola o un gesto non abbiano alcuna conseguenza. Tra un’idea astrusa e un’idea pericolosa e dannosa c’è un soffio. Ed è in questa urgenza che sta l’orgoglio di battersi per il pianeta, di amare il luogo in cui si vive e di volerlo proteggere con le unghie e con i denti, di far capire finalmente a tutti che non è il denaro a nutrirci, ma un’ecosistema sano. E se nell’urlare a gran voce per difendere qualcosa che si ha a cuore incontrerete quelle tristi persone che fanno quelle tristi affermazioni (incredibile ma dopo dieci anni di devastazioni climatiche ci sono ancora), che vi guardano dall’alto in basso mentre manifestate tinti di verde e annodati ai cartelloni, non cedete di un millimetro, dite loro con toni di retorica superiorità (e non con le mani mi raccomando) di che pasta sono fatti, ma prendeteli seriamente e non a ridere, che quelli ci credono davvero agli asini volanti. Che poi vorrei far notare a coloro a cui di tutto questo non frega un fico secco e che quando vedono qualcosa di verde si mettono ad urlare, che un altro pianeta non c’è e che è molto più probabile, a questi ritmi, che prima di invadere la candida superficie lunare vedremo panorami non tanto graziosi. Io ci penserei. 

Francesca Raffagnino

 

 

 

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