DOWNGRADE O UPGRADE, CHI SALVA LA MENS SANA?

News inserita il 19-02-2016 - Mens sana Basket

Il rinvio dell'assemblea della Polisportiva lascia in piedi il basket biancoverde. Entro marzo servono fatti, non dichiarazioni d'intenti

Il rinvio dell’assemblea della polisportiva Mens Sana 1871 allunga la vita al basket. Questione di pochi giorni, verosimilmente un paio di settimane, poi la società dovrà chiarire cosa è in grado di fare e cosa intende fare per provare a rimettere in piedi un “giochino”, si dice dalle nostre parti, che (dato di fatto) ha speso più soldi di quelli avuti a disposizione. Oppure dichiararne il game over, mediante messa in liquidazione.

Tutti si dicono al lavoro ma la nebbia è fitta, di sicuro in quindici giorni non si mette in piedi nulla di nuovo. Al massimo si può attuare un progetto già preventivato e, magari, tenuto pronto all’occorrenza. Chi vivrà, vedrà e…valuterà.

DOWNGRADE Nel bel mezzo di una “intervista fiume” rilasciata giorni fa a Siena Tv, l’assessore allo sport Leonardo Tafani ha parlato di necessario downgrade per salvare la Mens Sana Basket 1871, società dal cui consiglio d’amministrazione Tafani (dipendente in aspettativa e, nel recente passato, direttore generale della Polisportiva) si era dimesso, causa diversità di vedute, solo poche settimane dopo la costituzione della stessa. Per chi non fosse troppo addentro agli ambienti economici e finanziari, il downgrade è sostanzialmente una riduzione di costi, ma un qualsiasi buon vocabolario di lingua inglese potrebbe consigliarvi a tradurre “to downgrade” con i verbi italiani declassare e/o degradare: una cosa non esclude l’altra, purtroppo, perché se da un taglio a certe spese (ad esempio gli ultimi spiccioli destinati alle tasche di quei pochissimi giocatori che percepiscono uno stipendio leggermente superiore alla media di viale Sclavo, che è molto, molto bassa: solo il coach Ramagli ha un contratto, triennale, adeguato alle cifre che circolano nel basket professionistico, quindi nulla è da escludere…) si può non aggravare ulteriormente il peso del disavanzo esistente, dall’altro si azzerano quei valori che una stagione cestistica (fin qui) da playoff potrebbe ancora generare, in termini di incassi (nella post season, appunto) ma anche di appeal da parte di potenziali investitori. Se Chris Roberts pare tutelato dalla stipula di un contratto sui generis, “esterno” alle casse del club, (l’operazione Dpi), Dane Diliegro e Stefano Borsato sembrano in uscita a breve, anche perché il mercato chiude fra una manciata di giorni, mentre gli altri potrebbero rimanere ma nessuno, questo è lapalissiano, cercherà di convincerli a non fare i bagagli e, magari, transare su quelle poche banconote, allo stato attuale, non percepibili.

UPGRADE Lasciando per il momento da parte altre questioni, in realtà, non secondarie (perdere, per manifesta inferiorità, tutte le partite da qui a fine annata non piacerà ad un buon 40% delle squadre avversarie, quelle messe al tappeto dalla Mens Sana nell’ultimo mese: aspettiamoci il refrain di “campionato falsato ed irregolare”, a parti inverse saremmo stati i primi a dirlo, e chissà cosa dirà quella Fip che meno di due anni fa aveva concesso a viale Sclavo la tutt’altro che scontata ammissione alla serie B), il vero problema è la fase di upgrade che dovrebbe seguire a questo richiamo all’austerità che, nel tentativo di scongiurare la liquidazione, ha tutti i crismi del commissariamento già sperimentato in altri ambienti istituzionali cittadini. Cosa succederà a giugno, se nel frattempo la posticipata assemblea della polisportiva avrà deciso di non recidere immediatamente il cordone ombelicale col basket professionistico? Gli impegni, per il momento a parole, del pool di sponsor che si è dichiarato attratto dalla Mens Sana Basket 1871 hanno le sembianze di una scialuppa di salvataggio che scongiura il fallimento “mentre c’è la terra in Piazza”, poi però bisogna ripartire (oltre che con nuove facce) con un aumento di capitale, un business plan, una nuova prima squadra e tanto altro. Una serie A2 costa molto per i parametri attuali (lo stiamo sperimentando in questi giorni), sempre che sul campo si riesca a mantenerla la serie A2. Altrove hanno deciso di sventolare bandiera bianca auto-retrocedendosi, qui (è bene metterselo in testa) un nuovo tuffo nelle palestrine della serie B (ma niente vieta che in ambito federale, stavolta, si applichi alla lettera il regolamento e si venga indirizzati in Promozione) non incontrerebbe più l’ “atto di fede” che nel 2014 portò duemila persone a fare un abbonamento a scatola chiusa, provando a digerire il crac della Mens Sana Basket e quei legami che ancora non erano sfrondati, pur di ripartire con una squadra da tifare. Insomma, se alla fine qualcuno riuscirà a salvare la barca dal secondo naufragio in appena due anni, poi bisognerà capire come e quanto le istituzioni di Siena (e la polisportiva si è più volte voluta fregiare di questo titolo) hanno la volontà di mettere la barca in sicurezza. La volontà, possibilmente, non l’interesse.

Matteo Tasso

POST SCRITTUM (visto che in rete va di moda snocciolare un p.s. dopo l’altro): questo articolo concentra la propria attenzione solo su una delle parti in causa nel tentativo di salvataggio della Mens Sana Basket 1871, quella che almeno a livello comunicativo sta vincendo una “battaglia”, evidentemente, in atto da diversi mesi. L’altra, ad oggi, rimane in silenzio, non il metodo migliore per far capire come stanno andando le cose. Lunedì 22 sono entrambe convocate, le parti, all’assemblea pubblica del Comitato “La Mens Sana è una Fede”: si parleranno?

 


 

 

 

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