La predicatrice del vero e portatrice di carità.
“E Siena trionfa immortale”, questo il commiato con cui Silvio Gigli concludeva le sue radiocronache del Palio.
Fermiamoci però un attimo: prima che Siena trionfi in quella corsa dell’anima, prima di trattenere il fiato a San Martino e al Casato, prima che il barbero arrivi primo al bandierino tra le esultanze di alcuni e gli sgomenti di altri, prima che il mortaletto decreti il vincitore, prima di tutto questo e di molto altro ancora, difficile da scrivere e da esprimere, c’è tutto il popolo senese, ci sono le donne di Siena, qualcosa che ha poco a che vedere con la banale definizione di “genere femminile”.
Pensiamo ad esempio a Santa Caterina, certamente una delle vette della spiritualità cristiana nel mondo, nata nel rione di Fontebranda, nella Contrada dell’Oca nel 1347, figlia del tintore di panni Jacopo Benincasa e di sua moglie Lapa Piacenti, ultima di una numerosa famiglia. Santa Caterina fu canonizzata da Papa Pio II nel 1461, nel 1970 dichiarata Dottore della Chiesa da papa Paolo VI.
La compatrona d’Italia e d’Europa, è sicuramente la donna a cui i senesi sono maggiormente legati, e a ragione.
Una esilissima figura, unita al suo “umile dolce sposo”, Gesù, una donna che alle preghiere univa le opere di bene negli ospedali, assistendo gli infermi ed i malati, andava nelle carceri a portare un aiuto e una parola di speranza alle persone, attaccava i potenti, quelli che “non si dovevano toccare”, lei una donna minuta, a metà del 300, girando per le vie semi deserte di Siena con un lume tra le mani. Santa Caterina considerava gli ammalati e i poveri gente che impersonavano Cristo, e il modo di trovare il Signore. Sono ricordati diversi episodi di carità verso i poveri, come dei vestiti dati ai più bisognosi o un mantello donato al povero pellegrino; e verso gli infermi, come Cecca la lebbrosa, che lei assisté e curò con amore, anche se si narra che ella ricambiò la sua assistenza con percosse e insulti.
Nel 1375 Santa Caterina si trasferisce a Pisa e qui, secondo la leggenda, nella domenica delle Palme, nella chiesa di Santa Cristina, davanti a un Crocifisso, Santa Caterina riceve le stimmate, che però su richiesta della santa rimasero a tutti invisibili. E’ proprio in questo periodo che comincia la corrispondenza con il Papa, da lei definito il “dolce Cristo in terra”. In un solo anno, nel 1376, furono ben dieci le missive da lei dirette al pontefice. In esse vengono toccati tutti i temi riguardanti la riforma della Chiesa, a cominciare dai suoi pastori, insistendo in maniera sempre più ossessiva sul ritorno del Papa alla sua sede propria che è Roma.
Sempre nel 1375 la Repubblica di Firenze, che era in conflitto con la Santa Sede per aver aderito a una politica antipapale e per questo era stata colpita da interdetto, si trovava in forti difficoltà economiche. Caterina da Siena fu incaricata di fare da mediatrice di pace e di perdono e inviò, perché la precedessero con una sua lettera, il suo confessore e altri due frati. Non le bastò però questa missiva e così Caterina da Firenze si mise in cammino verso la Francia.
Il 18 giugno 1376 Caterina giunse ad Avignone, dove la religiosa fu ricevuta dal Pontefice ed in seguito a questo incontro, il 13 settembre Papa Gregorio XI varcò il ponte sul Rodano e lasciò Avignone alla volta di Roma.
Come possiamo ben capire, Santa Caterina aveva una forte empatia, una grandissima fede che le permetteva, pur essendo una donna e per giunta una popolana, di arrivare sino ai vertici più alti della terra e non solo.
Santa Caterina, colei che riusciva a dare luce nelle vie offuscate di una Siena medievale, era una predicatrice del vero, dove per verità Santa Caterina intendeva qualcosa di interiore, di intimo, identificato nella luce divina, nel Signore, nel sangue versato per noi. La senese per antonomasia rivolge le sue parole non solo ai cristiani, ma a tutti, scrive delle meravigliose epistole di cui voglio ricordarne una: la verità libera l’essere umano, la verità è libertà.
La senese dalla piccola corporatura dà inizio al “genere femminile senese”, donne forse più alte, più energiche, mosse però da amore, capaci di risanare le piaghe più insanguinate, proprio come faceva Santa Caterina; le senesi sono donne che credono nei valori umani e quindi nel Palio, tripudio, a discapito di quanto possano dire altri, di sentimenti e di emozioni. E proprio queste donne in quei canti in cui si innalza Siena al cielo, lo fanno “per forza e per amore”, mostrando tutta quell’affezione vivissima che si manifesta con il desiderio di procurare sempre e comunque il bene all’amata, e l’amata è Siena.
Chiara Lenzini