Il d.g. biancoverde fa il punto della situazione alla vigilia della sfida con Quarrata: “Partita più importante della stagione”
Per Riccardo Caliani, l’attuale è la stagione consecutiva numero diciassette trascorsa a casa-Mens Sana. Ha vissuto dal di dentro la società biancoverde per quasi venti anni, lui che ne ha compiuti 40 nel giugno scorso: addetto stampa e team manager nel periodo Montepaschi, ancora team manager e direttore marketing durante la prima ripartenza, direttore generale dal 2019 a oggi, ricostruendo dalle fondamenta una società rasa al suolo dal secondo fallimento. Il passato però, e scusate il gioco di parole, non è all’ordine del giorno, conta il domani perché “classifica alla mano – dice Caliani -, quella di domenica prossima contro Quarrata è la partita più importante della stagione, la giochiamo in casa nostra, con il nostro splendido pubblico a sostenerci, e dobbiamo vincerla”.
Note di Siena parte dal +2 in classifica, ma pure dal -20 dell’andata.
“Senza nulla togliere ai meriti dei nostri avversari, che tirarono con percentuali a tratti irreali, il nostro approccio all’andata fu tutto da dimenticare e riuscimmo a mettere intensità solo quando ormai la gara ci era sfuggita. Se guardiamo le individualità, Quarrata ha uno dei roster migliori del girone, ma è anche vero che dopo 20 giornate la classifica ormai esprime quelli che sono i valori del campionato: mi auguro che arriveremo pronti all’appuntamento, dalle ultime due vittorie contro Lucca e Virtus abbiamo tratto sicuramente convinzione nei nostri mezzi”.
Sensazioni e riflessioni dopo il successo di sabato scorso?
“Era una partita di quelle segnate nel calendario, per questioni di classifica oltre che per il fatto di giocare una stracittadina. L’abbiamo preparata molto bene in palestra, la sconfitta dell’andata ci aveva lasciato l’amaro in bocca per il modo tutt’altro che brillante in cui eravamo scesi in campo: abbiamo trovato una Virtus senza dubbio più forte rispetto all’andata, ma pure noi in questo momento siamo più solidi e la prestazione fatta è stata proprio all’insegna della solidità, pur commettendo qualche errore”.
Si aspettava un Balsa Jokic subito così determinante?
“Non è un giocatore da cui attendersi 15-20 punti per gara, ma è in grado di garantire atletismo, versatilità in difesa quando si tratta di cambiare sui piccoli e tenere l’1vs1, presenza a rimbalzo. Le prime due partite hanno evidenziato queste sue caratteristiche, sta a lui continuare a dimostrare ciò per cui lo abbiamo inserito”.
Era la vostra prima opzione nel momento in cui si è evidenziata la necessità di rinforzare la squadra?
“Di opzioni ce ne sono state anche altre, ma per vari motivi abbiamo deciso che il suo era il profilo giusto. Il nostro staff ha visto in Jokic l’elemento con le caratteristiche ideali per aggiungere al roster ciò che mancava sul piano cestistico e pure umano: parliamo di un ragazzo che ha fatto tutto il percorso giovanile in una società di alto livello come Varese e che quindi è cresciuto in un contesto nel quale si imparano l’etica del lavoro e il giusto atteggiamento dentro e fuori dal campo, che ha avuto allenatori importanti a seguirlo, su tutti Markovski, che dopo l’esperienza a Omegna è tornato in Montenegro giocando da protagonista nella lega principale e vedendosi consegnati i gradi di capitano della squadra, a soli 20 anni. Lo seguivamo già da novembre, ma fino al 4 gennaio non abbiamo potuto firmarlo perché aveva un contratto blindato con il Kotor”.
Che effetto le fa la Mens Sana in B Interregionale? Sin dal 2019 l’obiettivo dichiarato di approdo era proprio la serie cadetta…
“Siamo ripartiti pensando alla serie B come target intermedio da provare a raggiungere con risorse che fossero accessibili alla nostra struttura, senza rischiare di stravolgerla. La decisione di accettare il riposizionamento in B Interregionale, durante l’estate scorsa, è figlia dello spinoff societario di qualche mese prima, l’ingresso in società di figure come il presidente Frati e il vicepresidente Ridolfi ha rappresentato un incentivo, come lo sono stati nel tempo il cda allargato, le manifestazioni di interesse nei confronti del club da parte di molti sponsor, l’apporto di ITM e ovviamente la crescita numerica e la fidelizzazione del pubblico”.
Prossimo step la B Nazionale?
“Dobbiamo andare per gradi e posizionarci stabilmente, consolidandoci, in B Interregionale, categoria che definisco una sorta di ibrido, a metà tra la vecchia C Gold e la B unica di qualche anno fa. La B Nazionale, anche se fiscalmente rimane nel mondo dei dilettanti, è un campionato in tutto e per tutto professionistico e per affrontarla servono coperture certe per almeno il 90% del budget complessivo: lo step non è banale perchè si parla di cifre vicine al milione di euro a stagione, fino a quando non ci saranno basi solide sulle quali costruire è un rischio che non possiamo accettare di correre”.
Basi che per il momento non ci sono?
“Siamo al lavoro per crearle. La strada intrapresa ritengo sia quella giusta, perché le manifestazioni di interesse verso Mens Sana Basketball, alle quali ho già accennato, continuano e stanno crescendo, abbiamo poi avuto un contributo importante dai numeri del seguito al palasport: stiamo lavorando per allargarlo, questo bacino di utenza, magari sarà necessario chiedere anche qualche piccolo sforzo economico in più a chi verrà a sostenerci, tutto ciò nell’ottica di creare quelle le condizioni, anche di professionalità interna alla nostra struttura, che entro due o tre anni permettano di programmare un ulteriore passo avanti”.
Rispetto ai primi anni di questa nuova Mens Sana, può intanto contare su uno staff che si è allargato e specializzato…
“Il contributo che ci stanno dando tutti coloro che collaborano con Mens Sana Basketball è fondamentale. Cito, oltre alle figure dirigenziali, Michele Bottoni, Arcangelo Galasso, Niccolò Franceschini, Paolo Lazzeroni, Stefano Turillazzi, Bianca Valentini, Tommaso Cannoni, Guido Guidarini, il direttivo di ITM e tutti gli altri dirigenti accompagnatori e membri dello staff. È un team che lavora bene, animato da grande passione, nel quale ripongo la massima fiducia e al quale demando determinati aspetti quotidiani: per vissuto storico all’interno di queste stanze, e per formazione personale, sono una persona che vuol essere sempre presente e aggiornata su tutto ciò che succede, certo è che questo lavoro di squadra permette di concentrarmi maggiormente su determinati aspetti della gestione societaria e della prima squadra, anziché doverli portare avanti in prima persona come è accaduto in passato. E poi c’è il grande lavoro che Pierfrancesco Binella sta facendo alla guida del nostro settore giovanile”.
Mettiamo il dito nella piaga. Cosa le hanno lasciato i due fallimenti del 2014 e 2019?
“Sono ferite aperte, diverse tra loro ma sempre aperte. Sono anche la spinta che nel 2019 mi ha convinto a ripartire, quando forse sarebbe stato più facile smettere con la Mens Sana o andare a svolgere altrove un compitino, facile facile. Rimango convinto che nel 2014 la Mens Sana Basket sia fallita non solo per responsabilità proprie, vivevo ogni giorno all’interno di quelle stanze ma non avrei mai immaginato l’entità delle problematiche che poi hanno portato alla chiusura: ti rendi conto del livello raggiunto sul campo e in termini di organizzazione solo quando lo perdi, personalmente è una grossa ferita emotiva. Nel 2019 la ferita è stata anche economica, oltre che emotiva, non posso certo dimenticare come in quei mesi sono state maltrattate la società e la passione delle persone che ci lavoravano: ci siamo rovinati la reputazione in città, sul territorio, a livello nazionale. Riconquistarla non è stato e non è facile, in taluni frangenti stiamo ancora scontandone gli effetti oggi”.
Per chi come lei andava in panchina assieme alla Montepaschi in giro per l’Europa, ripartire da (detto col massimo del rispetto) Impruneta cosa ha voluto dire?
“Mi sentivo e mi sento ancora in debito per tutto ciò che la Mens Sana mi ha insegnato e mi ha dato. Tante volte mi sono sentito dire “ma chi te lo fa fare?” da persone anche vicine, alle quali però non ho mai voluto rispondere: oggi posso farlo spiegando che nel 2019 avevo in mente l’idea, e dentro al cuore la speranza, di riportare a un livello di dignità quella società che per tanti anni era l’orgoglio di tutti e che poi, invece, era finita calpestata in quel modo. Aver visto di nuovo il palazzo pieno, aver ritrovato anche persone che si erano allontanate per anni, è una soddisfazione personale ma è soprattutto la dimostrazione che il percorso compiuto in questi ultimi anni sta andando nella giusta direzione. Di sicuro nessuno potrà dirmi che non ci ho creduto”.
Davvero non ha mai pensato di lasciare la Mens Sana per andare a lavorare altrove?
“Proposte ne ho ricevute, un paio anche importanti. Penso a Chiusi che mi aveva contattato nel 2019 e a Brescia che mi ha cercato nel periodo in cui Magro era sulla loro panchina: ricordo con grande piacere la telefonata di Alessandro e la considero un attestato di stima del quale andare orgoglioso. In entrambe le occasioni non sono maturate le condizioni per un accordo, ma non ho rimpianti, ero e rimango convinto della scelta che ho fatto di lavorare per la rinascita della Mens Sana”.
Cosa significa fare basket in una città che ha tre squadre partecipanti allo stesso campionato?
“Non sono un grande fan dei derby e delle rivalità cittadine, sono onesto, è un contesto nel quale si rischia di creare frizioni laddove le frizioni non servono a nulla. Per il bene del basket senese la soluzione migliore sarebbe che una di queste realtà si ergesse a capofila, come per anni è stato il caso della Mens Sana: se rimaniamo tutti insieme allo stesso livello, il rischio di portare avanti una guerra tra poveri è molto alto e questo non fa il bene del movimento cittadino, anche se poi il campanilismo produce numeri importanti di presenze al palasport e grandi atmosfere come è accaduto sabato scorso”.
La Mens Sana come si pone nei confronti di Costone e Virtus?
“Abbiamo ottimi rapporti con entrambe le società, personalmente mi confronto spesso con alcuni loro dirigenti, c’è massimo rispetto del loro lavoro da parte mia e questo credo sia reciproco. Ci poniamo allo stesso modo anche con tutte le altre società, comunque, non c’è alcuna differenza tra le senesi e Lucca, o San Miniato, tanto per dire: quando si avvicinano i confronti sul campo si respira un’atmosfera diversa nell’ambiente circostante, vero, ma non perderò mai il sonno per un derby, il mio obiettivo è che la squadra e la società lavorino bene, che si riesca a portare avanti il percorso stabilito”.
La Mens Sana nei Dilettanti viene percepita come l’elefante che si muove nella cristalleria?
“Per alcuni aspetti è normale sia così. Ricordiamoci che quando andiamo in trasferta portiamo dietro un seguito di tifosi che nessuno ha, che disponiamo di un impianto come non ce ne sono in queste categorie, che c’è comunque un nome pesante, storico, scritto sulle nostre maglie”.
A che punto è l’operazione “facciamo tornare la Mens Sana sulla mappa”?
“Siamo spariti dai radar nazionali per almeno tre anni, il primo in Promozione e i successivi in C Silver, periodo in cui tanti addetti ai lavori e tante persone nell’ambiente basket che prima erano sempre interessati alla Mens Sana hanno staccato la spina delle comunicazioni. Chi aveva trascorsi a Siena non ci ha dimenticato, buona parte degli altri si sono comportati come se ci fossimo meritati ciò che è successo e dove siamo finiti. È stato come un oblio, dal quale però lentamente stiamo venendo fuori: disputare un campionato interregionale, nel quale a breve torneremo a confrontarci con squadre di Lombardia e Piemonte, sicuramente ci aiuterà a uscire ulteriormente dal guscio. Gli agenti, ad esempio, si pongono diversamente nei nostri confronti rispetto al recente passato: oggi sanno di poter mandare con fiducia a Siena qualche loro giocatore, sanno che qui possono trovare una struttura seria e le giuste competenze specifiche”.
E pensare che Siena era un modello esportato anche in Europa…
“In realtà, grazie a quegli anni, fuori dall’Italia la considerazione nei nostri confronti non mi pare sia cambiata. Gli attestati ricevuti dal nostro settore giovanile durante le recenti partecipazioni all’Eybl lo dimostrano, ma più di un volta mi è capitato di avere contatti con dirigenti di clubs europei che affrontavamo ai tempi della Saporta, dell’Uleb Cup e dell’Eurolega e di notare le loro reazioni stupite, anche amareggiate per quella che è la nostra attualità: tutti ricordano Siena come, appunto, un modello e continuano ad avere grande rispetto per l’immagine della Mens Sana”.
Matteo Tasso