Da ieri (sabato 25 giugno) sono esposte nella torre principale della fortezza di Radicofani, le opere di Gian Ruggero Manzoni. Sfruttando una neofigurazione che va dall’Espressionismo tedesco, alla Transavanguardia, al Graffito e al fumetto, l’artista, poeta e scrittore romagnolo, più volte presente alla Biennale di Venezia, si è ispirato a questo baluardo verso sud dell’antica Repubblica di Siena, nonché dominio temporaneo del “brigante-gentiluomo” Ghino di Tacco, per realizzare le opere pittoriche che saranno in mostra fino a domenica 4 settembre (apertura dalle 10 alle 20, secondo l’orario del parco archeologico). A queste ai aggiunge una scultura-installazione dell’artista senese Cecilia Rigacci, eseguita in collaborazione con il docente Sergio Valentini (cofondatore della giovane Accademia del Pendolo di Siena), collocata proprio in cima alla torre della Fortezza di Radicofani,
I quadri di Manzoni, della famiglia del celebre Alessandro e dell’artista di fama mondiale Piero Manzoni, come dal titolo dell’esposizione, “L’equilibrio del guerriero”, oltre a essere un omaggio a Radicofani e Siena, si rifanno a scene in cui una certa semplicità formale, tipica della pittura dell’artista (compagno di studi, al Dams di Bologna, di Andrea Pazienza), si unisce a contenuti di ordine simbolico, al fine di indagare, spiritualmente, la figura del guerriero non tanto quale uomo di sangue e spada, ma quanto, in accezione più vasta, individuo che, raggiunta una sua armonia interiore, si pone, con coraggio, come un antico cavaliere, a disposizione della giustizia, dei più deboli e degli oppressi. I rimandi al mondo attuale sono evidenti. Manzoni ci richiama a dei codici comportamentali di alto valore etico e sacro, ai quali tutti noi siamo chiamati al fine di contrastare le disuguaglianze, le volgarità, le contraddizioni, gli egoismi, gli individualismi tipici di una Società sempre più votata all’effimero, al potere finanziario, all’omologazione di stampo globalizzante, all’omogeneizzazione, alla disparità fra quei pochi ricchi o abbienti a discapito dei molti che, invece, ancora vivono o rischiano di tornare a vivere a livelli non certo umani e consoni al grado di civiltà che una parte del nostro pianeta ha raggiunto. Il guerriero, quindi, quale custode di ciò che tradizionalmente fu vanto di una certa nobiltà un tempo di sangue poi divenuta di animo, quella nobiltà che, qualora volessimo, apparterrebbe a tutti, perché non più di titolo quanto di cuore, anima, conoscenza, carità verso il nostro prossimo.