STORIA DEL PALIO: 9 MAGGIO 1938

News inserita il 02-03-2017 - Palio - Rubrica Storia del Palio

La cronaca di uno dei momenti meno felici della nostra festa: l'omaggio delle contrade ad Hitler e Mussolini a Firenze.

Oggi ci occuperemo di uno degli episodi meno felici della storia della nostra festa e delle contrade, vale a dire l’omaggio fatto dalle 17 consorelle ad Hitler e Mussolini a Firenze il 9 maggio 1938. Quel girono di inizio maggio, data importante per l’Italia fascista (correva infatti il secondo anniversario della proclamazione dell’Impero), il cancelliere tedesco raggiunse il capoluogo toscano, nell’ultima tappa, da lui considerata l’Höepunkt (punto più alto), del suo viaggio italiano, e per festeggiare trionfalmente l’evento, fu affidata all’apposita commissione presieduta da Gian Galeazzo Ciano, allora ministro degli esteri, l’organizzazione nei minimi dettagli della giornata. Su proposta di Alessandro Pavolini, importante personalità fascista fiorentina, che diventerà in seguito ministro per la cultura popolare, ed ottimo conoscitore delle passioni di Hitler per le rievocazioni medievali, fu deciso di mettere in scena uno spettacolo dei figuranti di tutti i giochi toscani (Calcio Storico fiorentino, Giostra del Saracino di Arezzo, Gioco del Ponte di Pisa ed appunto il nostro Palio) presso il Giardino di Boboli, con lo scopo principale di mostrare agli occhi del dittatore germanico l’aspetto guerriero dei toscani ma anche la massima penetrabilità del fascismo nel tessuto sociale.

Il Magistrato delle Contrade pose fine ad ogni polemica che sorse a Siena sull’opportunità di inviare una nostra delegazione (polemica che fu solo “campanilistica” e senza nessuna connotazione politica, in quanto per i senesi era inconcepibile andare a sbandierare a Firenze), deliberando la partecipazione “perché tale è la volontà del Duce…. e di sentirsi onorati della considerazione”. Ciò probabilmente anche come forma di ringraziamento per la decisone presa da Mussolini nel 1935 di riconoscere l’esclusività della denominazione Palio alla festa di Siena. In quegli anni infatti rividero la vita numerose manifestazioni da tempo cadute in disuso, alcune delle quali acquisirono proprio il nome” Palio”. La cosa non piacque affatto ai senesi che, su proposta del Podestà presentarono al Duce, estimatore della nostra festa pur non avendola mai vista dal vivo, nonché conoscitore dello spirito fascista che animava la città e le contrade (grande era infatti l’ingerenza del partito all’interno delle consorelle), un memoriale che fu accolto da Mussolini che con apposita ordinanza dispose l’unicità della denominazione Palio alla corsa senese.

Ritornando al racconto dei preparativi della giornata fiorentina, in un primo momento fu chiesta la presenza di tutto il corteo storico, successivamente si preferì optare per 11 figuranti per ciascuna contrada, soprallassi e barbareschi con cavalli compresi, oltre alla rappresentanza comunale composta dai mazzieri, dalle chiarine, dal vessillifero con la Balzana e dai gonfalonieri dei Terzi, per un totale di 218 elementi. Pavolini promise un cospicuo rimborso per le spese e per la cura dei costumi, a patto che i senesi provvedessero ad un’accurata selezione delle comparse, che dovevano essere di comprovata fede fascista, in modo da escludere ogni tipo di manifestazione di dissenso.

Alle 5.30 del mattino del 9 maggio la delegazione senese partì verso Firenze. Una circolare del Magistrato indicò tutti gli obblighi ed i divieti per i figuranti: fu consentito ad ogni partecipante di portare la colazione, con esclusione di fiaschi di vino o liquori, essendo ammesso solo ¼ di vino per ciascun figurante. Ogni trasgressione sarebbe stata punita ed i disobbedienti sarebbero stati subito consegnati agli agenti presenti lungo il percorso.

Alle 14.30 era già tutto pronto ed i monturati senesi furono sistemati in una posizione privilegiata, quasi come per sancire la superiorità del Palio sugli altri giochi. I due dittatori arrivarono con più di due ore di ritardo, ed al loro passaggio i tamburini cominciarono a rullare a vittoria e gli alfieri spiegarono le loro bandiere accompagnati dagli squilli delle chiarine, mentre i paggi alzavano le loro lance ed i duci le spade in segno di saluto. Vennero effettuate ben due sbandierate davanti agli occhi del Führer e del Duce che osservavano attenti dalla loro auto scoperta. Terminata l’esibizione il Maestro di Campo, che per l’occasione era Fernando Giannelli, priore del Montone, rese gli omaggi della città ad Hitler, come possiamo vedere nella foto a corredo dell’articolo tratta dall’archivio Luce. Nei giorni successivi il segretario federale inviò al Rettore del Magistrato delle Contrade i ringraziamenti per l’encomiabile comportamento tenuto dalle comparse. Ma fu veramente così? Si narra che un piccolo atto di insubordinazione probabilmente fu compiuto ad opera dell’alfiere della Torre Enrico Rocchigiani che si rifiutò omaggiare i dittatori con l’alzata. Ciò non è provato da nessun documento, ma la punizione della sospensione a tempo indeterminato dalla carica di alfiere inflitta al Rocchigiani nel Seggio della contrada di Salicotto del 16 maggio per indisciplina, appare significativa sul comportamento da lui effettivamente tenuto.

Davide Donnini

 

 

 

 

 

 

 

 

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