STORIA DEL PALIO: 16 AGOSTO 1979

News inserita il 27-11-2017 - Palio - Rubrica Storia del Palio

La vittoria dell’Aquila nell’ultima carriera di Urbino e Quebel.

Quello del 16 agosto 1979 fu un Palio altamente drammatico, sia per ciò che successe durante la corsa, ma anche per gli avvenimenti che la precedettero. Fu questa inoltre la carriera che fece calare il sipario, per motivazioni differenti, sull’avventura paliesca di due miti della Piazza di fine anni’70: Urbino e Quebel. Furono proprio questi due barberi, in assenza di Rimini e Panezio, i cavalli più desiderati dai contradaioli, ed andarono in sorte rispettivamente ad Aquila e Civetta.

La contrada di Via del Casato scelse come fantino Aceto, quella del Castellare, che per la quarta volte riceveva in sorte il roano dei Savelli, con il quale vinse nel luglio precedente, optò per la monta di Ercolino. Altre accoppiate chiacchierate erano la problematica Uana de Lechereo, che toccò alla Torre e fu montata d Spillo, ed il potente Utrillo, andato nella Selva ed affidato a Bastiano. Completavano  il lotto delle dieci la Chiocciola con Udienza e Tremoto, la Lupa con Torquato Tasso e Gringo, la Tartuca con Urso e Legno, l’Istrice con Niagara e Canapino, il Drago con Zalia de Ozieri e Grinta e l’Oca con Waterloo e Randa, che sostituì Liscio che si infortunò per la prova generale e giunse al Palio senza aver disputato nemmeno una prova, stante l’annullamento della provaccia per maltempo.

La sera del Palio, il mossiere Palmieri chiamò le contrade nel seguente ordine: Lupa, Chiocciola, Istrice, Drago, Oca, Selva, Civetta, Torre, Aquila e Tartuca di rincorsa. Fin da subito l’anarchia regnò sovrana tra i canapi, ed il mossiere si trovò in balia dei fantini per nulla intenzionati a rispettare i posti assegnati. Dopo due mosse false gli animi cominciarono ad esasperarsi ed il capitano della Selva scese dal Palco dei Giudici inveendo contro Palmieri, mentre alla Costarella, Aceto diede vita ad uno spogliarello, cambiandosi i pantaloni intrisi di sudore, comportamento oggi vietato dal regolamento, ma che allora non era sanzionabile. Dopo il terzo abbassamento dei canapi la situazione degenerò: il barabersco dell’Oca ed un mangino di Fontebranda (l’ex fantino Lazzaro Beligni), aggredirono il mossiere, il quale poco prima aveva issato sul verrocchio la bandiera verde, ordinando il rientro di cavalli e fantini nel Cortile del Podestà. Cosa successe in quei lunghi minuti dentro l’Entrone è cosa che solo i pochi presenti conoscono, ma da alcune testimonianze dirette sappiamo che il clima era piuttosto elettrico. Alla fine, non senza discussioni, e con una forzatura del regolamento, si decise di far rientrare i cavalli sul tufo e di non cambiare la busta. Il successivo tentativo, quando il buio stava già calando e con tutte le contrade fuori dai loro posti, fu quella buono, con Legno che diede la rincorsa su palese chiamata di Aceto. A partire in testa fu però la Civetta, seguita dalla Torre e dall’Aquila. Camillo provò con il nerbo fino a San Martino a difendersi dagli attacchi di Aceto, ma la sua Uana nulla poté contro la potenza di Urbino. Il duello tra le due favorite della vigilia si stava quindi concretizzando; Ercolino fu abile a parare più volte l’Aquila, ma al secondo San Martino un grave infortunio, che risulterà fatale per Quebel, tolse di corsa la Civetta. Fu allora un gioco da ragazzi per l’Aquila completare il restante giro e mezzo di pista e conquistare il bel cencio di Domenico Purificato. Per Aceto, che aveva ottenuto il primo successo con il giubbetto giallo ( e con lo stesso conquisterà, 13 anni più tardi anche la quattordicesima vittoria), si trattò del decimo successo, mentre per Urbino, tre carriere vinte su quattro corse, quella fu l’ultima carriera disputata, in quanto nelle sue successive presenze alla tratta venne sempre scartato per manifesta superiorità.

Davide Donnini

Foto tratta da www.ilpalio.org

 

 

 

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