MENS SANA-RIETI, UNA STORIA CHE VIENE DA LONTANO

News inserita il 13-12-2017 - Mens sana Basket

Dalla forte rivalità degli anni Settanta/Ottanta, al -35 del febbraio scorso.

Dici Rieti e ti tornano in mente mille storie. D’accordo, a voler essere “perfettini” (o puntigliosi, fate voi) quella che la Soundreef incontrerà domenica sera è una società nata e vissuta per 30 anni a Contigliano, piccolo borgo di cinquemila anime che dista una decina di chilometri dal capoluogo sabino, ma del resto anche la Mens Sana di adesso ha un codice affiliazione Fip differente rispetto alla Mens Sana della prima serie A, dei trionfi in Italia e in Europa e del fallimento. Quindi bando ai tecnicismi ed alle sovrastrutture (mentali, soprattutto), la partita che sta per giocarsi il suo bel fascino lo mantiene.

Eventuali alterazioni sono dovute casomai al livello attuale del basket italiano, ma questa è un’altra storia.

C’è una foto che racchiude l’essenza di com’era il clima fra Siena e Rieti nei primi anni Settanta. Dovrebbe averla scattata Augusto Mattioli (non metto la mano sul fuoco ma erano quasi sempre suoi gli scatti in momenti, per così dire, sui generis) e coglie un tifoso della Sebastiani mentre si arrampica sull’intreccio metallico che sorreggeva il canestro nel vecchio Dodecaedro. Non era salito lassù per festeggiare una vittoria (quella partita, anzi, sanciva l’approdo nella massima serie dei biancoverdi di Ezio Cardaioli), bensì per sfuggire alle attenzioni dei tifosi di casa: narra la leggenda che, dopo un bel tira e molla, una lunga mano riuscì a tirarlo giù, non proprio con le buone maniere. Cortesie che comunque venivano ricambiate, chi ha vissuto l’esperienza di una trasferta nel palazzetto reatino può raccontarvelo senza tanti giri di parole. Del resto, pur mettendo al bando la retorica più bieca (i “bei tempi andati”, le “sane (?) scazzottate”, ecc.), va riconosciuto come quello amarantoceleste fosse, probabilmente, il pubblico più passionale in Italia. Assieme a quello di Siena, of course.

A Rieti, abbiamo fatto un bel passo in avanti al 1984, iniziò il declino dell’allora Mister Day nella stagione più inspiegabile degli ultimi 35 anni. La storia di quel campionato è stata scritta e riscritta (squadra fortissima, campione d’inverno dopo aver dominato il girone di andata, poi sei partite perse in fila e fine dei sogni, fra accuse e polemiche recproche: fuori e dentro lo spogliatoio), quella del k.o. in casa della Cottorella, un’acqua minerale della zona che era finita sulle maglie della Sebastiani, forse è un po’ meno nota. Si gioca a fine febbraio, palazzetto tappezzato di manifestini con su scritto “se i conigli volassero, Siena sarebbe un aeroporto”, sfottò e consueti spintoni in tribuna, poi la palla a due. Non dovrebbe esserci partita, troppo forte la Mens Sana di “BucciBantomMalagoli” per un’avversaria che ha perduto gli eroi di un tempo, eppure si va avanti punto a punto, l’atmosfera si scalda, il canestro si fa sempre più piccolo: Mike Bantom va a battere due tiri liberi fondamentali, fra il primo ed il secondo si vede attraversare la lunetta da un tifoso (c’è chi dice sia il custode del palasport, ma siamo nel campo della mitologia cestistica) e finisce per sbagliare, mille mani toccano il pallone che ha un rimbalzo strano e vola oltre la metà campo, lo prende uno dei due colored di casa (probabilmente Riley, l’altro è Sappleton: senza mancare loro di rispetto, messi assieme non valgono un quarto di “zio Willie” Sojourner, eroe dei bei tempi targati Arrigoni), contropiede, schiacciata, vittoria di Rieti.

Non si vince mai in quel palazzetto, dove chi siede (si fa per dire) a bordocampo fa più “caciara” di chi suona il tamburo in curva e ad ogni canestro amarantoceleste saltano, tarantolati, in quattromila. Una volta Joe Bryant, sì proprio il babbo di Kobe, impallina la Mens Sana con 54 punti accompagnandola verso la retrocessione in B (il canestro decisivo, però, lo segna Maurizio Battistelli, oggi team manager in B a Teramo), qualche anno dopo il match winner è l’ex centro della nazionale Marco Ricci ma a cambiare l’inerzia di una partita che pareva ben incanalata per i nostri ci si mette l’ormai 35enne Gianfranco Sanesi (reatino doc, bandiera del club, tra le altre cose pure cognato di Sojourner e, di soprannome, chiamato  “padella”: in realtà, da lontano, la metteva sempre dentro), che mostra i muscoli a Roberto Guerrini e fa esplodere il Palaloniano come succedeva quando da quelle parti arrivavano da avversari Giustarini, Franceschini, Bovone, Fernsten ed altri. Siamo già al 1990, ed alla stagione trionfale di Dado Lombardi (ex di turno, e di quelli non secondari), quando finalmente il tabù cade: a fine partita foto di gruppo (clamorosamente sfuocata, purtroppo…) per quei pochi che hanno avuto il coraggio di scendere a Rieti e festeggiare, dopo 20 anni di amarezze.

Il “pigiapigia” del febbraio scorso al PalaEstra, non degenerato in rissa perché fra le due curve ci sono rapporti meno tesi rispetto al passato, è l’ultimo ricordo utile per chiudere questa carrellata. Una brutta serata per tanti motivi, in primis il -35 che la Mens Sana scrive come record negativo casalingo della propria storia: la squadra di Rieti festeggia salendo in tribuna, il silenzio/assenso di chi dovrebbe vigilare glielo permette un po’ troppo a lungo, alla discesa di Casini e compagni dal settore ospiti nascono non pochi battibecchi e alterchi che poi troveranno la loro bella cassa di risonanza sul web e sui social (questo passa il convento, ormai), tirando in ballo anche ululati razzisti e aggressioni. Basta e avanza per arrivare a domenica sera belli carichi, sul campo ovviamente.

Matteo Tasso  

 

 

 

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